Non più ad-blocker se l’erogazione degli ads avviene in maniera etica e non intrusiva.Teads lancia la campagna “Advertising matters” e spiega come risolvere un problema che affligge il mercato dei media online.

Che mondo sarebbe senza pubblicità, senza opzioni? Che conseguenze ci sarebbero se le principali testate online non potessero più contare sugli inserzionisti per la valorizzazione delle loro revenue? Come potrebbero i principali marchi internazionali promuovere il loro business su scala mondiale? A spiegarlo è Teads che, attraverso uno studio e un video relativo alla campagna “Advertising Matters”, spiega a tutti perché la pubblicità non sia un’entità da demonizzare ma anzi un elemento da comprendere per apprezzarne il valore aggiunto. L’iniziativa ha preso avvio dalla riflessione su 4 dati allarmanti, evidenziatisi in un’analisi condotta da IAB Uk, sui motivi che spingono gli utenti ad installare un ad-blocker:

  • il 73% ritiene che la sua l’esperienza di navigazione online sia troppo frequentemente disturbata dagli annunci pubblicitari;
  • il 55% considera irritanti alcuni formati di advertising (colori troppo vivaci, pop up, etc.);
  • il 54% pensa che  alcuni formati rallentino la velocità di navigazione dei siti web;
  • Il 46% giudica gli annunci non pertinenti con la pagina che sta fruendo.

E’ doveroso ragionare su come gli ad-blocker stiano impattando sul futuro dei media, incidendo in maniera significativa sulle loro revenue”, ha dichiarato Antonella La Carpia, Marketing & Communications EMEA di Teads.

Nonostante i numerosi dibattiti tra gli advertiser circa gli effetti nel settore, non è mai stata trattata la questione chiave: un mondo senza pubblicità a che conseguenze porterebbe? 

“Advertising Matters” vuole educare gli attori che determinano questo mercato (brand e publisher) a produrre annunci “sostenibili”, puliti nel loro posizionamento, non intrusivi rispetto alla navigazione degli utenti. Solo in questo modo sarà possibile prevenire una catastrofe pre-annunciata per il mondo dei media.

 “La realtà è che la pubblicità in generale non dà fastidio agli utenti. Sono quei formati irritanti, moltiplicatisi nel tempo, che generano frustrazione e portano all’utilizzo di ad blocker.” dice Michele Marzan, CEO Teads Italia. “Gli annunci sono la prima fonte di guadagno per i publisher, chiamati, perciò, a comprendere la qualità di un formato rispetto ad un altro e a scegliere, quindi, quelli più corretti e funzionali al fine di non ledere la fruizione dei propri contenuti. Dallo studio di IAB UK si deduce facilmente come la principale causa di utilizzo degli ad blocker, riguardi proprio la qualità dei formati pubblicitari, di conseguenza bisogna informare e sensibilizzare, primi fra tutti, advertiser e publisher per renderli consapevoli delle loro scelte.”

I publisher devono valorizzare i propri utenti nel lungo periodo, con una pubblicità più ordinata, di maggior qualità e che permetta la miglior esperienza sia di fruizione dei contenuti sia dei messaggi pubblicitari. Questo soprattutto in ambito mobile, dove gli schermi più piccoli possono creare situazioni ancora più fastidiose per l’utente, se non ben gestite.