Eni e IBM fanno il punto della situazione sull’uso dei Big Data

IBM Watson

Si è tenuto oggi in Provincia di Milano il workshop, dedicato ai Chief Information Officer italiani, ed organizzato da Eni e IBM con l’obbiettivo di analizzare e valutare le applicazioni industriali di Watson anche alla luce dei risultati delle sperimentazioni già realizzate.

È emerso che tra i quattro megatrend che caratterizzano l’informatica più recente (Cloud, Mobile, Big Data e Social), i Big Data sembrano quelli più promettenti per i benefici che possono portare in molti campi di attività aziendali: dall’ esplorazione petrolifera ai sistemi CRM, dal risk management integrato al trading, dalla manutenzione predittiva alle integrated operation, dalla sensoristica integrata al campaign management.

La complessità e l’eterogeneità dei dati, molti dei quali non strutturati e non di “proprietà” aziendale, costituiscono però l’ostacolo più difficile e, nonostante il miglioramento dei metodi analitici classici, la costruzione di informazioni utili a partire da dati disaggregati resta solo parzialmente realizzata.

Se si considera che i dati vengono generati senza soluzione di continuità da persone, sistemi informativi, dispositivi di ogni tipo per più un trilione di oggetti tra loro collegati e che ogni giorno se ne produce una quantità pari a 2,5 miliardi di gigabyte, risulta chiaro che l’effetto volume contribuisce all’aumento della complessità in modo rilevante. Perciò è indispensabile considerare i dati come una nuova risorsa naturale, da cui può derivare forza competitiva. A patto che ci si attrezzi con strumenti e processi per avere capacità di analisi in tempo reale e possibilità di estrarre conoscenza.

La soluzione più promettente è il Cognitive Computing che ha già dimostrato la sua applicabilità in contesti come i quiz televisivi americani (Jeopardy !), la diagnostica medica e la risk analysis.  Watson, sorretto da una potente capacità computazionale e dall’impiego di algoritmi e software di analisi – di Deep QA – è in grado di interagire con l’uomo nel linguaggio naturale e di imparare dall’esperienza.

Watson ha già trovato applicazione pratica al servizio della ricerca clinica in ambito oncologico ma, in breve tempo, è destinata a rivoluzionare un più ampio numero di settori –  energia, salute, retail, editoria, finanza, biotech, farmaceutico – e molteplici aspetti della nostra stessa quotidianità.

Le prospettive sono così promettenti che lBM, ai primi di gennaio, ha dato vita a una nuova unità di business forte di 2000 specialisti e di un investimento complessivo da 1 miliardo di dollari, 100 milioni dei quali per sostenere lo sviluppo di un ecosistema di imprenditori e partner.

 

 

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