Se la battaglia del video si combatte esclusivamente sui costi, chi vincerà la guerra?

Il processo decisionale di acquisto dei consumatori si basa generalmente su due variabili: qualità o quantità. C’è per esempio chi si compra due paia di scarpe da corsa dal costo contenuto, e chi invece opta per l’ultima novità da parte di brand specializzati che assicurano il massimo delle prestazioni. Non c’è una regola, in quanto tutto dipende da obiettivi e aspettative. C’è chi corre la maratona e chi invece si mantiene in forma in palestra. Sono scelte che vanno fatte. E il risultato che si ottiene varia a seconda del prezzo che si è disposti a pagare.

La stessa regola vale per chi opera nel settore della pianificazione e dell’acquisto dei media. Che si agisca per conto di un marchio o direttamente per il brand stesso, l’obiettivo è il medesimo – generare il ROI (ritorno di investimento) migliore. Cosa succede quindi quando ci si concentra più sulla quantità rispetto alla qualità? Cosa comporta in termini di risultati?

È facile comprendere perché un video advertiser possa essere tentato dall’adottare una strategia basata sulla quantità. Novità relativamente recente nel mondo media, il video online continua a dare prova del proprio valore in termini di ROI. Il fatto che sia disponibile in due modelli distinti genera ulteriore confusione.  C’è il più comune inventario di video legati alla cosiddetta “coda lunga”, e c’è la programmazione di contenuti premium sul modello televisivo – che risulta un po’ più cara. Ma lo è veramente? O un ROI complessivo più elevato fa pendere l’ago della bilancia a favore dei video di qualità? Dipende da quello che si cerca.

Alla prova dei fatti assistiamo a una richiesta sia in termini di quantità, che generalmente ricade nella categoria dell’inventario in Real Time Bidding (RTB) , sia in termini di qualità, ovvero dell’inventario premium venduto in modo riservato e anticipato garantito. I modelli possono essere adottati separati o utilizzati congiuntamente, perché riportano due strategie molto differenti. Gli acquisti riservati di contenuti premium sono simili al modello televisivo, con l’offerta di adv garantita a un costo fisso per un dato periodo. In definitiva assicurano lo stesso livello di certezza della TV e sono in linea con le strategie “provare per credere” che consentono ai brand di dare impulso alle vendite.

Spostandoci sul fronte delle agenzie, l’inventario premium è reso spesso disponibile mediante scambi con negoziazioni private che consentono alle aziende controllanti di sfruttare accordi pre-esistenti sui contenuti premium (quantità e prezzo), gestendo reach e frequenza con partner differenti per rendere possibili livelli di efficienza maggiori, incrementare la fornitura e garantire un ROI migliore. Nel mondo del video-advertising, spesso caratterizzato da problematiche in fase di produzione e in termini di scalabilità, ottimizzare l’efficienza ed evidenziare gli sprechi è un vantaggio non da poco.

Questo non vuol dire che l’RTB non offra benefici a determinati advertiser. Indubbiamente, ogni modello di media buying ha il suo valore intrinseco, tuttavia le migliori campagne sono generalmente condotte sfruttando un mix di entrambi. Sarebbe opportuno distribuire l’inventario sulla base di ciò che è più importante per l’advertiser. Una campagna continua per un noto brand con esigenze di targettizzazione limitate potrebbe performare bene soprattutto con campagne RTB.  Una campagna più time-sensitive focalizzata su stagionalità, lanci di prodotto o specifici target di acquisto potrebbe richiedere un modello di buying anticipato. Alla fine, l’acquirente userà due valori principali per misurare l’efficacia della propria strategia: prestazioni e costi.

Per quel che riguarda il programmatic video buying, quando la strategia di acquisto pende troppo a favore del solo costo, molto spesso un percorso basato solo sull’RTB ne risente. Nel programmatic display digitale potrebbe ancora andar bene, dato che la fornitura è abbondante e i KPI sono più chiari. Ma la situazione video è differente. L’inventario di qualità è scarso, e le campagne RTB non rendono al meglio in rapporto a molte delle metriche che gli advertiser incentrati sul brand valutano maggiormente.

L’acquirente deve prestare la dovuta attenzione. I consumatori vogliono poter scegliere e lo stesso si può dire dei brand marketer. Occorre pero’ tenere a mente che nella maggior parte dei casi si ottiene quello per cui si paga. È meglio acquistare a costi minori e correre il rischio di non ricevere tutto quello che ci si attendeva, oppure può valer la pena di pagare un prezzo maggiore per una targettizzazione più accurata e un’offerta garantita? La scelta dovrebbe basarsi sui KPI di ogni brand e prodotto, piuttosto che sul semplice prezzo. Se il prezzo diventa l’unico campo di battaglia, non è detto che i risultati complessivi portino alla vittoria, che alla fine è il vero obiettivo finale.

A cura di José Enrique Rodriguez, Regional Manager Southern Europe, Videology