Janina Steinmetz della Business School (ex-Cass) spiega perché sfruttare le innovazioni tecnologiche per controllare i propri dipendenti può diventare controproducente.

Work Trend Index: smart working, la nuova normalità

Lavorare in smart working durante la pandemia ha significato far nascere nuovi stili di vita: nuovi mezzi di aggregazione sociale, d’intrattenimento e soprattutto, per molti, un nuovo modo di lavorare.

Un importante aspetto per far funzionare a distanza un’organizzazione è la fiducia tra datore di lavoro e dipendente che garantisce di lavorare in maniera efficace durante le ore di “ufficio”, senza la presenza fisica di un superiore che ci tenga costantemente sotto controllo.

Per garantire la produttività, alcune aziende hanno implementato la tecnologia per il monitoraggio dei dipendenti: condivisione obbligatoria dello schermo, visualizzazione delle pagine web visitate e clic al minuto, e persino, attivazione della webcam durante la giornata.

Secondo la Dott.ssa Janina Steinmetz, docente di marketing alla Business School (ex-Cass), questo controllo intensivo dei dipendenti non è di alcun beneficio né per il morale né per la produttività dell’azienda.

“I datori di lavoro spesso controllano il loro personale perché sono preoccupati che i dipendenti battano la fiacca e il monitoraggio costante par loro una strategia facile per prevenire la pigrizia”, afferma Steinmetz.

“Altre strategie richiedono più attenzione e pianificazione da parte della direzione, come la definizione di obiettivi appropriati con un dipendente e il monitoraggio dei progressi avvenuti.

“Mentre alcuni dipendenti indubbiamente battono la fiacca anche durante lo smart working e una revisione costante può ridurre questo fenomeno, il monitoraggio diminuisce la fiducia tra datori di lavoro e dipendenti. Se emerge una cultura di sfiducia a causa di un controllo inaspettato o eccessivo, i dipendenti potrebbero perdere la motivazione perché si sentono alienati”.

La tecnologia a disposizione dei manager durante la pandemia può aumentare la tentazione di monitorare costantemente l’attività dei dipendenti, soprattutto perché non sono in grado di controllarli in momenti casuali, come invece avveniva in ufficio.

“Controllare i lavoratori fermandosi alla sua scrivania in un normale ambiente di lavoro può avere i suoi vantaggi perché potrebbe avere una domanda o è l’occasione per fare una chiacchierata veloce”, continua Steinmetz.

“Tuttavia, lo sfruttamento dell’innovazione tecnologica al fine del monitoraggio non ha praticamente nessun beneficio per il dipendente e serve solo alle esigenze di controllo del datore di lavoro. Inoltre, il monitoraggio dei dipendenti può avere conseguenze psicologiche inaspettate che vanno oltre la riduzione della fiducia nel management.

“La ricerca mostra infatti che le persone non solo si comportano diversamente quando sono monitorate – come stare lontano dai social media quando il capo è in ufficio – ma pensano anche in modo diverso al loro lavoro.

“Per esempio, alcuni studi hanno dimostrato che, in un test, le persone credono di aver fatto più errori quando sono strettamente monitorate. Questo accade perché le persone guardano automaticamente il loro lavoro dalla prospettiva dell’osservatore, in più che dalla propria, quando vengono controllate. Questo può spesso ingigantire, ai loro occhi, l’errore e farlo sembrare più grave.

“Tali effetti pur non essendo voluti dal datore di lavoro possono ostacolare l’apprendimento e la fiducia dei dipendenti.

“Invece di monitorare i dipendenti in questo modo, i datori di lavoro farebbero meglio a stabilire degli obiettivi per i loro dipendenti e controllarli regolarmente per vedere come stanno perseguendo tali obiettivi”.