Una recente ricerca dice di sì. La soluzione migliore è l’installazione del software antivirus, che può rilevare e bloccare le potenziali infezioni prima che si diffondano

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Le dinamiche alla base di un attacco informatico sono oggetto di studio ormai da molto tempo, ma individuare e prevenire le molteplici origini di un virus risulta sempre più complicato. È possibile, per esempio, che nel futuro si possa infettare il computer con un virus codificato nel DNA?

Un esperimento recente dimostra di sì. Un gruppo di ingegneri ha ricreato in laboratorio un segmento artificiale di DNA con un codice maligno “programmato” al suo interno. Il frammento è stato inserito successivamente in un computer in grado di interpretare il codice: dopo una prima corretta installazione, il malware ha avuto via libera, infettando completamente il dispositivo.

Un settore in via di sviluppo

Memorizzare i dati del computer nel DNA è una tecnica ad oggi ancora molto sperimentale. Microsoft sta investendo milioni di dollari con la convinzione che il DNA possa acquisire molte più informazioni rispetto ai dischi rigidi tradizionali. I primi test sono stati un successo, tuttavia, siamo ancora molto lontani dal momento in cui potremo parlare di un’archiviazione commerciale del DNA, perché la creazione di filamenti sintetici risulta una pratica molto costosa.

Nonostante tutto però, dal momento che le migliori garanzie di sicurezza vengono progettate sulla scia delle nuove tecnologie, per gli scienziati è opportuno iniziare già da ora a testare le funzionalità del malware del DNA. In questo modo sarà possibile sviluppare sistemi capaci di bloccare questo tipo di virus prima che si diffonda.

Un esperimento da prima pagina

Uno sguardo più attento all’esame sul virus del DNA dimostra che il problema dei malware organici potrebbe ad oggi non essere ancora così tanto dannoso, rispetto a com’era stato inizialmente ipotizzato. Il segmento infetto è stato trasmesso direttamente alla sua “vittima” informatica, che ha letto le istruzioni e eseguito il codice maligno, esattamente come da prassi.

Guardando in prospettiva, il processo non è diverso da quello messo in atto tramite una chiavetta USB infetta o tramite posta elettronica. Nonostante l’insolito supporto di archiviazione – il DNA – non c’è nulla di strano nel meccanismo dell’infezione. Se si inserisce un virus in un computer non protetto, la conseguenza che ci si deve aspettare è che il dispositivo venga intaccato.

Replica di un antico fenomeno naturale

L’infezione con origine nel DNA è un fenomeno molto antico. Per migliaia di anni gli uomini sono stati contagiati da virus con DNA infetto, portatori di malattie tra cui anche un comune raffreddore. Nel caso di un’infezione umana, il virus attacca le cellule del corpo, iniettando DNA infetto e innescando i sintomi della malattia. Quando si tratta di contagi virali gravi, come l’HIV o l’epatite, la conseguenza può essere fatale. È da questo processo naturale che il virus informatico ha preso il suo nome iniziale.

La risposta è prevenire, non curare

Quando si verificano infezioni virali nel corpo umano, non tutte vengono combattute allo stesso modo: in alcuni casi è il sistema immunitario che deve sviluppare armi di difesa, perché gli antibiotici non sono efficaci, in altri invece, possono essere prescritti farmaci anti-retrovirali con diversi gradi di successo. Ad ogni modo, la via migliore per evitare la diffusione del virus è di evitarne il contatto all’inizio.

In ambito informatico, la soluzione da preferire è l’installazione del software antivirus, che può rilevare e bloccare le potenziali infezioni prima che si diffondano. Questo vale anche per i computer con capacità di lettura del DNA.