Il prototipo Rugged Pod consentirebbe a Facebook di risparmiare 55 milioni di kilowatt in meno all’anno, per un valore di circa 10 milioni di euro l’anno di corrente.

Il presente e futuro dei server e dei datacenter è riepilogato nei 6 punti emersi nel corso di un recente evento organizzato dall’Open Compute Project Foundation. Molto interessante il prototipo Rugged Pod, la cui innovativa tecnologia permette grandi risparmi in termini di elettricità

1. Cosa sono i Server?

Quotidianamente accediamo a Internet da PC o smartphone (client) e utilizziamo dei servizi che sono erogati 24 ore al giorno, 365 giorni l’anno, come la posta elettronica, web, chat, social network, videoconferenza etc . Questi sono servizi ormai talmente necessari che non è più accettabile che non siano disponibili quando ci servono. I server sono l’intelligenza e la memoria virtuale permanenti delle reti internet, forniscono i dati richiesti da altri elaboratori, o permettono a più client di comunicare tra loro offrendo un punto unico di contatto. Senza un server non potrebbe nemmeno esistere un sito internet.

Dentro queste macchine sono immagazzinati tutti i nostri dati, il traffico e le informazioni di un sito internet o un social. Sono fondamentali per qualsiasi utilizzo della rete internet.

2. Come si possono ottimizzare i Server?

I server “abitano” dentro armadi alti 2.20mt e larghi 80cm (rack) a loro volta disposti in lunghe file nelle grandi sale dati (datacenter) che ne ospitano da poche decine a diverse decine di migliaia. Questo numero è tanto maggiore quanto più grande e popolare è il servizio internet che un’azienda offre. Sono perciò proprio i colossi del web ad aver compreso per primi l’impatto dei consumi energetici su datacenter di vasta scala, e tra i primi proprio Facebook (con oltre un miliardo di utenti), Google, eBay, Amazon.

Se per un singolo server una lampadina o una ventola costituisce una frazione millesimale del consumo complessivo, in un datacenter come quello di Facebook, con circa 180.000 server, quella ventola in più costerebbe diverse decine di migliaia di dollari l’anno.

Inoltre per alimentare un server è necessaria una quantità enorme di energia, che genera calcolo ma che viene trasformata al 99.99% in calore. Questo eccesso di calore deve essere dissipato in maniera efficace, altrimenti si rischia un surriscaldamento del processore e conseguenti danni.

Il costo del raffreddamento è pari al 30-40% del consumo effettivo di un datacenter. Dunque l’obiettivo principale, al momento, è quello di trovare un sistema più economico e pratico per disperdere il calore in eccesso.

3. Cosa significa Open Compute?

L’Open Compute Project (OCP, opencompute.org) è un’iniziativa partita nel 2011 da Goldman Sachs e Facebook per rendere open source i progetti innovativi e green di nuovi prototipi di server e di impianti di datacenter. Mutuando quanto già avvenuto nel mondo del software nel ventennio precedente (ad es. per Linux, OpenStack, etc), OCP e le community che vi ruotano attorno vogliono rendere “aperto” anche il mondo hardware dei server, fino ad oggi predominio esclusivo dei centri di ricerca dei grandi vendor (HP, IBM, Dell, Cisco etc). Questo cosa significa? Significa che si liberalizzano, mediante licenze specifiche, i progetti dei sistemi hardware. Chiunque potrà quindi accedere ai progetti e lavorarci sopra, per realizzarli, ottimizzarli oppure per creare qualcosa di nuovo e dare vita a nuovi prototipi. O anche solo per studiare nel dettaglio com’è progettato un server. Quello che si vuol fare è migliorare gli strumenti a nostra disposizione sfruttando il coinvolgimento sia dei grandi del mercato (Facebook, Microsoft, Intel etc) sia degli individui che a diverso titolo o grado di esperienza possono dare un contributo nell’evoluzione della ricerca, senza che essi siano più necessariamente alle dipendenze dai colossi del mercato.

4. Come funziona il RuggedPod?

RuggedPod è un prototipo di nuovo rack nato proprio con questo scopo: diminuire la quantità di energia sprecata per il condizionamento e disperdere più facilmente ed economicamente il calore. Il RuggedPod è un prototipo di rack con un aspetto un po’ diverso da come lo conosciamo. Non è un grande armadio, ma un piccolo cubo di 1mt di lato con all’interno tutti i componenti classici dei server ma ridotti in dimensioni e privati del loro contenitore originario (chassis). I server sono immersi in un bagno d’olio organico e dielettrico che non provoca cortocircuiti e può essere rilasciato nell’ambiente come fosse olio d’oliva e che, mediante una pompa di ricircolo, gira nel “cubo” prelevando il calore dai processori e portandolo alle superifici esterne, composte di lastre di alluminio opportunamente sagomate a nido d’ape per aumentare lo scambio termico.

Questo significa che non sono più necessari grossi macchinari per il raffreddamento ma una quantità nettamente inferiore: se con un server in un rack tradizionale erano necessari 100 watt per il server + 35 watt per il raffrescamento, ecco che con RuggedPOD sono necessari solo 100 watt per il server. E se moltiplichiamo per i 180.000 server di Facebook, stiamo parlando di risparmiare 55 milioni di kilowatt in meno all’anno, per un valore di circa 10 milioni di euro l’anno di corrente.

RuggedPod, grazie alle sue dimensioni contenute e all’utilizzo dell’olio al suo interno, può essere installato all’aperto, su un tetto o sotto un capannone o addirittura (come stanno progettando in Canada) in mezzo a un bosco, sfruttando il principio naturale dello scambio di calore. Oltretutto la sua conformazione strutturale sigillata permette persino di buttarlo dentro una piscina o in un lago: basta solo che stia all’ombra.

5. Cosa succederà al mondo dei Server e Database in futuro?

Le innovazioni nascono dall’esigenza di ottimizzare i costi e le risorse consumate. Tutto questo si lega alla questione dell’Open Source Community: condividendo risorse e conoscenze, è possibile raggiungere insieme grandi risultati che altrimenti le singole aziende non potrebbero nemmeno sognare.

Se ognuno invece fa la sua parte, può entrare a far parte di un mondo di competenze immense e ottenere risultati altrimenti inaccessibili. Persino le più grandi aziende come IBM, HP e Microsoft hanno compreso che di fronte alle dimensioni e alla velocità di queste community loro stessi risultano troppo “piccoli” e lenti.

6. Come si deve muovere ora l’OCP?

Iniziando a produrre e a commercializzare i loro prodotti, semplicemente. OCP, come molte altre aziende e organizzazioni, sta realizzando prototipi e lavora su idee innovative. Ora è necessario fare il passo successivo: industrializzarle e metterle sul mercato. Attualmente a produrre e vendere sistemi Open Compute sono solo poche aziende, quasi tutte extra europee: americani e taiwanesi. Molte altre fanno da “assemblatori” o da consulenti, ma nel panorama

internazionale manca ancora una realtà che sfrutti questo momento a suo favore e si metta sul mercato in maniera attiva. Dobbiamo infatti ricordare che solo l’esperienza diretta dei consumatori può portare alla vera innovazione: quando sono gli utilizzatori finali a mettere le mani sui progetti, possono nascere cose che prima nemmeno si potevano immaginare.