E’ fondamentale istituire un decalogo aziendale per la messaggistica in ambito lavorativo per proteggere l’enorme quantità di dati sensibili condivisi.

Messaggistica in ambito lavorativo

L’ apparente facilità, ormai improprio sinonimo di velocità, di utilizzo degli apparecchi e dei servizi elettronici è un insidioso trabocchetto, soprattutto quando si parla di messaggistica in ambito lavorativo.
Ci vuole un consapevole controllo dei mezzi e non un acritico e ingenuo affidamento a tutto ciò che la tecnica produce. L’avviso, di valenza trasversale e poco incline ad accodarsi al compiacimento generale ed aprioristico per ogni novità digital-informatica, è il buon senso della predica inutile ed è il monito che sarà ricordato solo a incidente subito.

Questo è anche il senso dell’invocazione di precauzioni a riguardo della messaggistica in ambito lavorativo, tra dipendenti, tra personale e clienti e da fornitori ad addetti e così via.
La apparente facilità/velocità di utilizzo deriva dalla sensazione di controllo diretto frutto della disponibilità nelle proprie mani di un apparecchio così piccolo, che pare contenere tutto. E più è piccolo l’ apparecchio più la sensazione di potenza aumenta l’autostima e la convinzione di poter controllare ogni cosa.

Ovviamente non è così, perché la dimensione dell’apparecchio vela il volume enorme e crescente dei dati che possono essere sottratti quando si utilizza la messaggistica in ambito lavorativo.

Il rapporto inversamente proporzionale tra dimensione dell’apparecchio e quantità di dati stipabili e, quindi, scippabili o suscettibili di smarrimento o logorio o perdita è anche spinto verso i ripostigli dell’ accantonamento mentale dalla pressione sociale ad essere sempre connessi, cioè sempre collocati al centro del rischio, armati di scudi di cartone.

La paura di perdersi qualcosa agita le decisioni e fa sottostimare il filtro del controllo.
Ma chi ha responsabilità di guida e di decisioni aziendali non può permettersi di non soppesare facilità/velocità, da una parte, e controllo, dall’altra.

Il controllo, cioè la capacità di governare un apparecchio/un servizio è sempre ponderato ed è sempre più lento dell’insidia della facilità/velocità. Ma è necessario proteggersi dalle insidie che si celano nella versatilità della messaggistica in ambito lavorativo.

La direzione aziendale deve, non può non porsi le domande giuste. Anche quando si tratta di mettere in sala d’attesa la velocità/facilità della messaggistica elettronica.

Questo sistema è adatto? Se ci sono più sistemi, quale scegliere? L’azienda sa cosa vuole e come vuole realizzarlo? Chi usa gli apparecchi e i servizi è stato istruito a farlo?

Sono state messe nero su bianco le istruzioni per l’utilizzo di apparecchi e servizi? È stato chiarito che chi sbaglia paga?

Dalla base delle domande si deve passare al piano delle risposte che compongono la lista degli adempimenti, i quali limitatamente ai profili di natura amministrativa e legale costruiscono dieci pilastri della messaggistica in ambito lavorativo:

  1. atto di documentazione delle scelte, previo coinvolgimento del Dpo;
  2. valutazione di impatto privacy;
  3. garanzie contrattuali da eventuale venditore di servizi;
  4. trattativa sindacale/procedura amministrativa;
  5. sessioni di istruzione e formazione del dipendente;
  6. revisione dell’atto di autorizzazione al trattamento;
  7. revisione del manuale della sicurezza ad uso degli autorizzati;
  8. revisione/integrazione del registro dei trattamenti;
  9. aggiornamento del codice disciplinare;
  10. verbale di consegna/utilizzo del dispositivo e impegno al rispetto delle condizioni di uso prescritte.

Anche la messaggistica in ambito lavorativo ha il suo decalogo e pretende la sua accountability.

Fonte: Federprivacy