La ricerca KPI della 4 M.A.N. Consulting mostra un quadro allarmante per il settore lavorativo. Sempre più lavoratori italiani si dimettono. Scopriamo le cause.

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Il mondo del lavoro sta assistendo a fenomeni preoccupanti, quali Great Resignation e quiet quitting. Questi sono due dei concetti chiave attraverso i quali, in futuro, sarà possibile riassumere le tendenze lavorative degli anni immediatamente successivi alla pandemia.

Dal 2020 in poi, infatti, a farla da padrona sono stati i fenomeni di dimissioni di massa dei lavoratori italiani, così come – se pur con percentuali differenti – tutti i lavoratori del mondo.

Dimissioni volontarie dei lavoratori italiani: +22% nel 2022

Secondo una rilevazione del Ministero del Lavoro, le dimissioni volontarie hanno toccato quota 1 milione e 666mila soltanto nel 2021, e l’esodo professionale è poi proseguito nel 2022, con un ulteriore aumento del 22% rispetto all’anno precedente.

E nonostante i dati ISTAT del 2023 mostrino un aumento dello 0.1% nel tasso occupazionale, si registra anche un aumento delle persone in cerca di lavoro, con una concentrazione maggiore tra donne e under 50.

A confermarlo è anche una recente ricerca svolta da KPI – Centro Studi Performance della società 4 M.A.N. Consulting, fondata dal dr. Roberto Castaldo.

L’istituto, gestito dal Performance Management Specialist, ha indirizzato il proprio sondaggio a un campione di 1435 dipendenti under 35, attivi in aziende private in Italia, e i cui risultati hanno messo in luce problematiche strutturali e che richiedono un cambio di paradigma.

lavoratori-italianiRoberto Castaldo spiega: “La ricerca ha evidenziato come percentualmente, nell’ampio campione intervistato, il 72% degli impiegati siano uomini e soltanto il 28% donne. Dati ancora più sorprendenti, il 78% di loro sta pensando di dimettersi e il 65% ha già cambiato lavoro nell’arco dell’ultimo anno. Le maggiori cause di stress, il cui ruolo è assolutamente centrale nella volontà di dare le dimissioni, sono da ricercarsi per il 32% nella mancanza di tempo libero o per formarsi, per il 21% nelle poche prospettive di carriera e crescita, per il 20% in un salario non adeguato alla propria preparazione, per il 15% in un cattivo o nullo rapporto con il capo e, per il 12%, nello scarso engagement in azienda”.

I motivi principali delle dimissioni

Quella della scarsa realizzazione personale e professionale in azienda, appare inoltre come una problematica che tocca da vicino le PMI, uno dei fiori all’occhiello del tessuto imprenditoriale italiano.

Il 67% degli intervistati da KPI – Centro Studi Performance è infatti impiegato in aziende familiari o piccole aziende, mentre solo il 17% in aziende corporate e il 16% nella pubblica amministrazione.

Un altro fattore che contribuisce al clima di sfiducia e insoddisfazione è quello di una pressoché totale assenza di iniziative a favore del dipendente, proprio ora che ce ne sarebbe più bisogno”, continua Roberto Castaldo. “Il 98% del nostro campione di lavoratori italiani afferma di non aver mai ricevuto in azienda formazione onboarding (dall’assunzione ai primi tre mesi) sui valori aziendali e sull’importanza del time management, due risorse che occorrerebbe riportare su un terreno pratico: entrambe concorrono attivamente al benessere del dipendente. Se a ciò si somma un 100% di intervistati che è soggetto a programi di welfare dedicati, con l’obiettivo di migliorare il work – life balance, è facile comprendere quali siano gli errori principali che le aziende commettono nel contrastare un fenomeno, quello delle dimissioni di massa, che assume proporzioni sempre maggiori.  L’intelligenza artificiale, il Web 3.0 e il Metaverso, solo per citarne alcuni, sono innovazioni tecnologiche certamente fondamentali, ma le imprese devono sempre ricordarsi che, per garantire continuità lavorativa nella stessa azienda, occorre investire sulla persona. I sistemi avanzati di performance management, ad esempio, impattano positivamente sul benessere diffuso, creano ambienti di apprendimento positivi e, non ultimo, influiscono sulla crescita sia personale sia economica. Una situazione da cui tutti, impresa e dipendenti, traggono grande beneficio”.