SumUp e Felizitas Lichtenberg (she/her) condividono dei punti chiave che stanno sperimentando per migliorare giorno dopo giorno le strategie di diversità e inclusione aziendale.

Inclusione aziendale

Una figura ormai sempre più necessaria in ogni azienda è quella del Diversity Manager, ovvero quella figura che si deve assicurare un’inclusione aziendale, che deve rendere il posto di lavoro un luogo accogliente, privo di barriere legate al genere, alla cultura, all’etnia, all’età, alla disabilità all’orientamento sessuale, politico e religioso. A dimostrarlo sono gli ultimi dati di LinkedIn, secondo i quali il numero di persone a livello globale con il titolo di “Head of Diversity” è più che raddoppiato (+107%), negli ultimi cinque anni (2015-2020). Aumenta, inoltre, del 75% il numero di “Director of Diversity” e del 68% quello di “Chief Diversity Officer”.

Quale che sia la denominazione di questa figura, vanno definendosi le sue mansioni e responsabilità: quello che è evidente, è la necessità di individuare un professionista dedicato alla promozione dell’inclusione aziendale, per rendere l’ambiente lavorativo un contesto sicuro in cui chiunque possa esprimere la propria identità (e quindi le proprie potenzialità), al massimo, con evidenti benefici anche per l’azienda stessa.

Quello dell’inclusione aziendale è un tema che sta prendendo piede anche in Italia: si stima che, nel 2019, il 20,7% delle imprese abbia adottato almeno una misura non obbligatoria per legge con l’obiettivo di gestire e valorizzare le diversità tra i lavoratori legate a genere, età, cittadinanza, nazionalità e/o etnia, convinzioni religiose o disabilità (dati Istat).

C’è, però, ancora tanta strada da fare: troppo spesso le numerose diversità presenti nel mondo del lavoro vengono ridotte o banalizzate a questioni di parità di genere, con azioni portate avanti solo dal Gender Management.
In un momento in cui, soprattutto in occasione del Pride Month di giugno – che celebra l’orgoglio della comunità LGBTQIA+ e, più in generale, punta i riflettori sui diritti alla propria identità (non solo sessuale) – è dunque fondamentale ragionare su quali miglioramenti siano necessari a livello di inclusione aziendale per costruire un ambiente che faccia sentire tutti valorizzati e a proprio agio.

Un lavoro e obiettivo che SumUp, fintech operante ne settore dei pagamenti digitali e soluzioni innovative cashless, sta portando avanti con decisione e impegno insieme a Felizitas Lichtenberg (she/her), sua Global Head of Diversity and Inclusion, mirando a valorizzare i migliori talenti professionali e individuali, restituire un contributo alla comunità e, come fine ultimo, avere rispetto dei diritti di tutti. Proprio con l’intento di ispirare altre aziende e diffondere la cultura dell’ inclusione aziendale e dell’accoglienza, intercettando i bisogni delle nuove generazioni che si aspettano sempre più un approccio inclusivo, Felizitas Lichtenberg e SumUp condividono i punti chiave che stanno sperimentando per migliorare giorno dopo giorno le strategie di Diversity & Inclusion in azienda.

  1. Dall’engagement interno alla comunicazione esterna – La comunicazione a più livelli è fondamentale per l’inclusione aziendale. In particolare, è necessario partire dall’engagement interno attraverso l’analisi della rappresentazione della diversità quantitativa, ma anche l’ascolto qualitativo delle persone con focus group, stimolando la nascita di reti di discussione attive sulle diverse tematiche, per rendere l’intero processo di inclusione trasparente e partecipativo. Solo questo renderà la comunicazione esterna dell’azienda, dalla pubblicità al lavoro sulla stampa, condivisa da tutto il team e, soprattutto, autentica. Ad esempio, quest’anno in occasione del mese del Pride, da SumUp sono stati organizzati eventi inclusivi che coinvolgono anzitutto il network interno impegnato su queste tematiche (Pride Club), per discutere il significato dell’identità LGBTQIA+ e delle micro-iniquità quotidiane; sarà inoltre organizzato il primo Global D&I All Hands, meeting collettivo cui prenderanno parte anche i co-founder e verranno trattate numerosi argomenti tra cui l’importanza del linguaggio nella rappresentazione di genere. A partire dal coinvolgimento interno, è stato poi sviluppato il piano di comunicazione social “Voices of Pride”, per stimolare educazione e sensibilizzazione. Il racconto delle storie personali di coming out e di transizione come quella di Victoria Rojas (she/her), co-lead del Pride Club, e di Ali Martins (she/her), Support Agent di SumUp Brasil, e di Yassine Fenniche (he/him), Senior Customer Service Specialist di SumUp a Berlino hanno l’obiettivo di ridurre lo stigma nei confronti di identità queer e trans e di veicolare modelli positivi e messaggi di motivazione e accettazione anche nei confronti della community di esercenti.
  2. Inclusione di genere, età, abilità ed etnia durante tutto l’anno – Quello sulla diversità è un lavoro costante da svolgere durante tutto l’anno, affrontando tematiche identitarie differenti e definendo una vision di lungo periodo: non è sufficiente, né sano impegnarsi ed esprimersi su questi temi soltanto allo scadere di ricorrenze in cui si ha maggiore esposizione mediatica. Bisogna, invece, strutturare le attività quotidiane per aumentare l’inclusione aziendale rispetto a molteplici punti di vista: dal genere, all’etnia, alle diverse abilità, passando per l’età, sia dei membri della community interna che dei propri clienti, collaborando con associazioni, enti ed istituzioni che possono supportare la crescita in questa direzione. In SumUp, a partire dall’analisi quanti-qualitativa della situazione attuale, viene definito un framework di riferimento che accompagna i dipendenti durante tutto il percorso di crescita interno e durante tutto l’anno. Nel 2020 sono state organizzate attività su temi differenti, sia legate alle differenze di genere che alle diverse abilità, come, ad esempio, un workshop dedicato al tema dell’autismo cui ha partecipato il 20% della popolazione aziendale – che per SumUp ha rappresentato un grandissimo successo. Per quanto riguarda, invece, l’attenzione ai bisogni degli utenti, è sempre necessario pensare a cosa si può fare per le comunità di esercenti, anche coinvolgendo fornitori e stakeholder. Ad esempio, SumUp ha avviato una sperimentazione in collaborazione con associazioni locali per aumentare l’accessibilità degli strumenti di pagamento da parte di persone ipovedenti.
  3. Creare un dialogo trasversale in azienda, con il supporto della leadership – Il team di Diversity & Inclusion è chiamato a dialogare con l’intera azienda. Una relazione importante è quella che si instaura con il “People Team”, ma è necessario mostrare coesione su tutti i livelli, soprattutto quelli di leadership, coinvolgendo founder, executive e tutta la community interna, affinché l’inclusione aziendale diventi una expertise diffusa e, al contempo, chiunque possa coprire un ruolo di leadership quando si parla di inclusione. A livello di management, è importante stimolare la diffusione di una cultura dell’ascolto e dell’accettazione orientata all’apprendimento di nuove tematiche (come il razzismo e le diverse abilità), e mettere alla prova comportamenti non appropriati. Chi si occupa di marketing e valorizzazione del brand deve essere coinvolto in questa discussione, così da poter veicolare attraverso le campagne di comunicazione una rappresentazione il più possibile inclusiva, mentre chi si dedica alla relazione con i clienti deve essere sensibilizzato all’uso del linguaggio più adatto per trasmettere un messaggio di accettazione e creare empowerment nei confronti della community di esercenti.
  4. Sviluppare un approccio globale radicato nelle culture locali – Soprattutto nei casi di grandi aziende che operano a livello internazionale, è importante sviluppare in primis un approccio globale, ma, contestualmente, anche una strategia locale, che vada quindi a considerare le specificità delle culture nazionali, sia dal punto di vista della rappresentazione etnica e di genere all’interno della specifica popolazione, che dal punto di vista normativo. Dall’esperienza di SumUp, emerge come le attività aziendali vanno disegnate in base alle caratteristiche culturali delle diverse nazioni. L’attenzione alla localizzazione delle strategie di comunicazione e, ancora di più, delle strategie di inclusione aziendale non è un aspetto rilevante solo per chi opera a livello internazionale: anche le aziende italiane che operano in regioni differenti devono conoscere e ascoltare la cultura locale per pianificare metodi di accettazione e valorizzazione delle differenze.
  5. Mettere in discussione il proprio punto di vista – Ognuno ha le proprie opinioni, interpretazioni della realtà e delle identità derivate da pregiudizi inevitabili, in quanto frutto delle esperienze di vita e della cultura in cui si è cresciuti. Per questo, è necessario mettersi sempre in discussione, come azienda e come individui, e mettere alla prova la propria definizione e percezione di cosa sia “normale”, “giusto”, “sbagliato”. Inclusività significa, infatti, rispettare le scelte di ciascuno e consentirgli di vivere liberamente la propria identità. Tutti abbiamo una tesi e dei principi, ognuno interpreta la realtà dal proprio punto di vista: per questo, quello dell’inclusione aziendale è un cammino educativo lungo e di collaborazione e comprensione, che è giunto il momento di percorrere – davvero – con entusiasmo.