Thought piece firmato dall’Executive Chairman di Teads, Pierre Chappaz, relativo all’impatto che l’introduzione della legge sull’e-privacy potrebbe produrre sull’economia di internet e sul pluralismo dell’informazione

“C’è ciò che vedi e ciò che non vedi” Questa citazione dell’economista francese Frédéric Bastiat illustra perfettamente le controversie che ruotano attorno al piano Europeo di regolamentazione sull’ePrivacy. Con l’entrata in vigore prevista per maggio 2018, la prima stesura è attualmente oggetto di dibattito per la Commissione Europea, il Consiglio Europeo e il Parlamento Europeo.

“Ciò che vedi” sono le intenzioni assolutamente rispettabili del progetto, che è stato creato allo scopo di proteggere i dati derivanti dai percorsi di navigazione degli utenti. Attualmente, questi devono esprimere, in ogni sito che visitano, il loro consenso ad attivare i cookie, quelle piccole porzioni di codice dedicate alla memorizzazione e al salvataggio di dati provenienti dall’attività di browsing.

“Ciò che non vedi” è l’impatto che questo cambiamento produce sull’economia di Internet e sul pluralismo dell’informazione. Infatti, l’implementazione di questa direttiva includerebbe:

  1. Un vantaggio decisivo e senza precedenti in termini di raccolta di dati personali per i celebri GAFA – Google, Amazon, Facebook e Apple;
  2. Un colpo – forse fatale – al pluralismo dell’informazione. Infatti, bloccando i cookie dei media (e l’abilità che portano con sé di erogare annunci rivolti a target specifici) anche i loro modelli di business andrebbero distrutti.

GAFA, i veri beneficiari dell’ePrivacy

Per utilizzare servizi come Facebook, Android, Gmail o Amazon, bisogna compiere alcuni passaggi: iscriversi, fornire dettagli relativi alla propria persona, accettare i termini e le condizioni, i quali includono l’estrazione e la raccolta dei propri dati personali. Questi servizi non necessitano di cookies, di conseguenza non vengono toccati dalla nuova regolamentazione sull’ePrivacy. Google, Facebook e Amazon diventerebbero, di conseguenza, gli unici player in Europa in grado di collezionare in maniera massiva dati personali degli utenti e di utilizzarli per scopi pubblicitari.
E’ questa l’intenzione della governance europea?

Un colpo fatale ai media Europei, ad opera dell’Europa stessa

Il modello di business dei media si basa in larga misura sulla pubblicità targettizzata, erogata da agenzie specializzate come quella che ho fondato. Eliminando i cookie, si riduce inevitabilmente il mercato della pubblicità online a pochi player che raccolgono dati senza l’intermediazione dei cookie. I modelli economici e finanziari che permettono ai media, e all’informazione di qualità, di sopravvivere sono in serio pericolo.

Nell’era delle fake news, la presenza di media indipendenti, influenti, affidabili ed economicamente rivolti alla crescita dovrebbe essere una priorità per l’Unione Europea. Il progetto ePrivacy va esattamente nella direzione opposta. Infatti, riserverebbe l’accesso ad informazioni diversificate e professionali solamente agli abbonati a servizi a pagamento, lasciando così l’intero universo Internet sotto il completo dominio dei giganti Americani.

Noi continueremo a sperare che l’Unione Europea, il Concilio Europeo e il Parlamento Europeo siano in grado di vedere “tutto ciò che non si vede”. E che scelgano di restare a fianco dei media europei, per costruire un Internet libero e diversificato.