In Europa si potrebbero avere risparmi annuali di circa 2 miliardi di euro

Dal 2012 una sentenza europea ha stabilito i presupposti giuridici affinché le aziende e le organizzazioni possano vendere e acquistare licenze software usate in piena legalità. In realtà sarebbe più corretto parlare di licenze di seconda mano, perché essendo immateriale, il software non si può in alcun modo usurare. Si tratta quindi di cedere a terzi il diritto di utilizzo di un bene, che può essere legittimamente scaricato da un sito autorizzato o trasferito per via telematica.

Per prima cosa è importante ribadire che una sentenza della Corte Europea di Giustizia del luglio 2012 ha definitivamente sancito la legalità in tutto il territorio dell’Area Economica Europea (EEA) della compravendita di licenze software di seconda mano, quindi non vi è alcuna ragione per nutrire dubbi sulla regolarità dell’acquisto di applicazioni, programmi o ambienti operativi usati.

Quindi anche se molte licenze escludono esplicitamente la possibilità di cessione è oggi possibile cederle senza alcun problema perché la sentenza della Corte Europea di Giustizia (ECJ) del 3 luglio 2012 ha interpretato la normativa esistente come idonea a consentire il trasferimento delle licenze anche in presenza di accordi contrattuali contrari. 

Ricordo che le sentenze della ECJ hanno nell’ambito dei paesi aderenti all’unione europea il valore che in Italia viene attribuito alle sentenze della Corte Costituzionale cioè hanno il potere di abrogare le eventuali norme di legge in contrasto con la decisione della corte (con validità erga omnes

Fatta questa premessa è interessante inquadrare le dimensioni del mercato del software di seconda mano e le sue potenzialità.

Stiamo parlando di un mercato che – in termini di risparmi potenziali sulle sole licenze d’uso di Microsoft – vale circa un miliardo di Euro all’anno nella UE. Potenzialmente, considerando il mercato delle licenze di seconda mano di tutti i vendor di software che operano nell’Area Economica Europea, questa cifra si traduce in un volume di circa 2 miliardi di Euro. In termini pratici si tratta di acquistare a prezzi scontati una o più licenze d’uso precedentemente utilizzate da un’altra organizzazione; trattandosi della licenza, l’acquirente non sta acquistando l’effettivo applicativo precedentemente utilizzato da altri – ecco perché è improprio parlare di “usato” – ma il titolo che dà diritto al nuovo proprietario di scaricare il programma dal sito del vendor direttamente nelle postazioni di lavoro degli utenti.

Naturalmente, il mercato del software di seconda mano va alimentato, quindi le aziende e organizzazioni che per qualsiasi motivo si trovano ad avere un esubero di licenze le possono mettere sul mercato, sbloccando così un bene aziendale immobilizzato e ottenendo sia una rimessa diretta derivante dalla vendita, sia un risparmio sui costi di gestione. Casi tipici in cui un’azienda può trovare conveniente rivendere le proprie licenze software possono essere la migrazione a un altro sistema, il passaggio a una nuova release di software, il passaggio da un modello di acquisto delle licenze a uno di uso/noleggio oppure una riduzione nel numero di utenti di una certa applicazione. Normalmente questi asset rimangono improduttivamente nel conto economico dell’azienda e quindi vengono contabilizzati come investimento a perdere. Fino a pochi anni fa questo era il quadro, ma dal 2012 è possibile recuperare del valore da questi beni aziendali, in maniera analoga a ciò che si fa quando si dismette un macchinario usato.

Quali sono i vantaggi e chi ne beneficia? Il vantaggio principale è chiaramente di natura economica: l’acquirente può disporre di licenze d’uso a prezzo ridotto e il venditore può recuperare parte del capitale originariamente investito nell’acquisto di quelle licenze; allo stesso modo il beneficio è per tutti. È inoltre importante notare che la licenza di seconda mano rivenduta è a tutti gli effetti una licenza del vendor, quindi il nuovo utente gode di tutti i servizi, i vantaggi e le tutele che erano previsti nel contratto originario di quella licenza.

Un ulteriore vantaggio indiretto del software di seconda mano sta nella possibilità di ridurre il fenomeno del software piratato o comunque utilizzato con licenze non conformi. Si tratta di un fenomeno che soprattutto in Italia ha proporzioni notevoli – nel 2013-2015 si stima (ancora) al 47% la percentuale del software senza licenza installato nelle aziende italiane. Questo espone le aziende a rischi seri, sia in termini di sanzioni sia per quanto riguarda la vulnerabilità dei sistemi informativi agli attacchi di criminali informatici. Nella maggior parte dei casi, l’azienda che sceglie di utilizzare software piratato lo fa principalmente per ragioni finanziarie, in quanto non ha la possibilità di sostenere il costo totale di una licenza ufficiale nuova. Potendo acquistare una licenza perfettamente legale e conforme alle norme, ma a un costo sensibilmente inferiore, consente quindi di ovviare a un problema che si stima riguardare un controvalore di 1,3 miliardi di Euro di software senza licenza.

Come funziona il meccanismo? Assodato il fatto che è perfettamente legale acquistare e rivendere licenze software di seconda mano, valutati i vantaggi e i benefici, l’IT manager e il CFO dell’azienda interessata a vendere o acquistare sono pronte a rivolgersi al mercato. A questo punto, perché l’operazione sia effettivamente efficace e non distolga troppo tempo o risorse all’azienda nella ricerca di un acquirente o venditore, è utile potersi rivolgere a un intermediario che faccia da tramite fra i due soggetti. È in questo contesto che aziende come ReLicence entrano in campo, acquistando le licenze di seconda mano da chi le dismette, preoccupandosi di trovare un mercato di possibili acquirenti e soprattutto prendendosi in carico di verificarne l’effettiva compliance e di garantirla al cliente finale. Gli IT manager possono dormire sonni tranquilli e i responsabili finanziari possono far sorridere i loro bilanci.

Corrado Farina, Territory Manager per l’Italia, ReLicense AG