La protezione delle identità è una delle tre principali priorità nell’ambito delle strategie aziendali di gestione della sicurezza IT

In un mondo sempre più connesso e sempre più abituato a effettuare transazioni e richieste online, il primo problema critico riguarda la sicurezza dei dati relativi all’identità degli utenti. Si tratta di un problema critico perché esiste una correlazione diretta tra maggiore sicurezza di dati e incremento del business delle aziende, così come esiste una correlazione altrettanto automatica tra sicurezza e fiducia da parte dei clienti. Gli utenti sarebbero infatti ben disposti a condividere le proprie informazioni personali, ma solo se viene garantita la privacy e solo se l’obiettivo è quello di migliorare e facilitare le relazioni con clienti, partner e fornitori.

Molte aziende lo sanno bene e stanno muovendosi proprio in questo senso. Secondo l’indagine condotta da Vanson Bourne per conto di CA Technologies, la protezione delle identità è una delle tre principali priorità nell’ambito delle strategie aziendali di gestione della sicurezza IT; questa tendenza è indirettamente confermata da un altro studio CA Technologies, condotto da Ponemon Institute, che rivela come sia le linee tradizionali di business sia le funzioni IT stiano valutando con grande attenzione i benefici derivanti dalle iniziative “Bring Your Own Identity (BYOID)”, che prevedono l’utilizzo di credenziali dei social network o ID digitali per accedere ad altre applicazioni.

Secondo gli analisti di Ponemon Institute – società indipendente di ricerca specializzata nell’analisi delle procedure di privacy, tutela dei dati e sicurezza delle informazioni, che a fine giugno 2014 ha intervistato 3115 figure professionali nell’ambito IT e business in aziende con più di 1.000 dipendenti in Nord America, Brasile, Regno Unito, Francia, Germania, Italia, India e Australia – il BYOID è un meccanismo sempre più popolare per la semplificazione degli accessi perché consente di evitare di dover creare un nuovo account per ogni sito, pratica che spesso ne provoca l’abbandono; in particolare, rivela lo studio, cresce l’interesse verso il BYOID e l’utilizzo delle identità registrate nei social media quali Facebook, LinkedIn o Yahoo, al punto che il 55% degli addetti IT e il 69% degli utenti appartenenti alla categoria business dichiara un interesse alto o altissimo verso questa modalità d’accesso.

Il BYOID è in stretta relazione con il fenomeno del BYOD, “Bring Your Own Device”, cioè con l’abitudine sempre più diffusa di utilizzare i device digitali per effettuare transazioni o reperire informazioni in tempo reale.

Secondo Andrew Kellet, Principal IT Security Analyst di Ovum mediamente il 30% dei dipendenti utilizza i dispositivi mobili come strumenti complementari rispetto a quelli forniti dall’azienda per cui lavorano. E questo avviene anche quando i dispositivi sono personali. Una conferma in questo senso viene anche dai dati recentemente pubblicati dalla stessa Ovum: per la società di ricerche e analisi di mercato inglese, infatti, il 77% dei dipendenti a tempo pieno utilizza il proprio smartphone personale per lavoro (senza considerare chiamate e sms) e quasi il 70% accede ai dati aziendali da uno smartphone o da un tablet personali; e ancora, il 68,8% di coloro che possiedono un tablet lo usa per lavoro, così come il 66,4% si serve del proprio laptop per occasionali esigenze professionali.