Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto Legge per il contenimento della diffusione del COVID-19. Scarica il testo completo

Al termine di una serie di annunci, è finalmente in vigore, poiché pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, il testo integrale del Decreto legge con le Misure urgenti per evitare la diffusione del COVID-19.

Accanto alle limitazioni, di cui molto si è parlato nelle ultime settimane, è importante quanto indicato nell’articolo 1: “Per contenere e contrastare i rischi sanitari derivanti
dalla diffusione del virus COVID-19, su specifiche parti del territorio nazionale ovvero, occorrendo, sulla totalità di esso, possono essere adottate, secondo quanto previsto
dal presente decreto, una o più misure tra quelle di cui al comma 2, per periodi predeterminati, ciascuno di durata non superiore a trenta giorni, reiterabili e modificabili anche più volte fino al 31 luglio 2020, termine dello stato di emergenza dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, e con possibilità di modularne
l’applicazione in aumento ovvero in diminuzione secondo l’andamento epidemiologico del predetto virus”.

Viene infatti ribadito che lo stato di allerta sarà in vigore sino al 31 luglio, con l’ulteriore possibilità inasprire ulteriormente le limitazioni.

Quali le competenze delle Regioni?

Interessante, poiché molto dibattuto nelle scorse settimane, anche il capitolo relativo all’obbligo di chiusura degli studi professionali: imposto da alcune Regioni, ma non dalla normativa regionale. All’articolo 3, infatti, si legge:

Misure urgenti di carattere regionale o infraregionale
1. Nelle more dell’adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui all’articolo 2, comma 1, e con efficacia limitata fino a tale momento, le regioni, in relazione a specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario verificatesi nel loro territorio o in una parte di esso, possono introdurre misure ulteriormente restrittive, tra quelle di cui all’articolo 1, comma 2, esclusivamente nell’ambito delle attività di loro competenza e senza incisione delle attività produttive e di quelle di rilevanza strategica per l’economia nazionale”.

Allo stesso modo, nel comma 2, viene ribadito “I Sindaci non possono adottare, a pena di inefficacia, ordinanze contingibili e urgenti dirette a fronteggiare l’emergenza in contrasto con le misure statali, né eccedendo i limiti di oggetto cui al comma 1”.

Poche novità, ma c’è la razionalizzazione
Commentando il Decreto Legge, l’avvocato Marco Longoni ha sottolineato come: “Con questo DL il Governo non ha inteso introdurre particolari novità, richiamando le misure già previste ed imposte nei precedenti Decreti del Presidente del Consiglio (i DPCM che si sono susseguiti nelle ultime settimane), ma soprattutto andando a razionalizzare e coordinare le disposizioni di cui ai DPCM stessi, ai decreti ministeriali, alle ordinanze emesse dagli amministratori locali (in particolare i Presidenti delle Regioni ed i Sindaci dei Comuni), dando una impostazione sistematica, sia per il passato che per il futuro.

In particolare, tra le previsioni del Decreto Legge (che è stato presentato ieri, 25 marzo 2020, in Parlamento e che dovrà ora essere formalmente trasmesso affinché venga approvata la Legge di conversione del medesimo, pur già immediatamente efficacie con la pubblicazione in Gazzetta), si evidenzia il richiamo a Sindaci e Regioni (art. 3 commi 1 e 2) a non travalicare, nell’esercizio del proprio potere di adottare ulteriori disposizioni (quali le ordinanze), i limiti delle competenze a loro riservate, a pena di inefficacia degli atti assunti qualora contrastanti con le misure statali.

Per quanto riguarda la potestà regionale, si fa riferimento inoltre alla possibilità di introdurre – solo nelle materie di loro competenze ed al solo fine di fronteggiare eventuali aggravamenti del rischio sanitario – misure ulteriormente restrittive, ma “esclusivamente nell’ambito delle attività di loro competenza e senza incisione delle attività produttive e di quelle di rilevanza strategica per l’economia nazionale“. Tali disposizioni mirano evidentemente ad assicurare lo svolgimento delle attività essenziali senza che vi siano giustificazioni normative di ordine regionale “a macchie di leopardo” che possano comportare blocchi totali o parziali di settori strategici per il Paese così da ridurre la diffusione del Covid-19.

Nel DL si prevedono, inoltre, meccanismi di propulsione, anche da parte delle Regioni, verso il Governo e verso la Presidenza del Consiglio, che resta titolare del più ampio potere di disporre misure puntuali utilizzando lo strumento più flessibile ed autorevole del DPCM.
Al di là di tali novità, che impattano meno direttamente sulla vita quotidiana dei cittadini e delle imprese, la parte del Decreto Legge di cui tutti devono prendere piena ed immediata coscienza, riguarda l’inasprimento delle sanzioni penali e l’introduzione di nuove sanzioni amministrative (da 400 a 4.000 Euro) ed accessorie (quali, in alcuni casi, la chiusura degli esercizi produttivi o commerciali sino a 30 giorni), nei casi di violazione delle disposizioni previste dal Decreto stesso e dai DPCM e provvedimenti anche degli Enti locali”.
Gli studi professionali devono chiudere?

Il Decreto Legge non risponde ancora, in modo inequivocabile, ad una domanda ricorrente nelle ultime settimane: Gli studi professionali devono chiudere?

Lo stesso avvocato Longoni spiega che: “C’è una norma transitoria, secondo cui ‘Continuano ad applicarsi nei termini originariamente previsti le misure già adottate con i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri adottati in data 8 marzo 2020, 9 marzo 2020, 11 marzo 2020 e 22 marzo 2020 per come ancora vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto. Le altre misure, ancora vigenti alla stessa data continuano ad applicarsi nel limite di ulteriori dieci giorni‘ ”.

Quindi, essendo il DPCM 22 marzo 2020 successivo all’Ordinanza Regionale lombarda (del 21/03/2020) che disponeva la chiusura degli Studi Professionali, quella disposizione della Regione Lombardia già oggi dovrebbe ritenersi (usiamo il condizionale) non più vigente. Inoltre, il DPCM 22 marzo 2020 chiariva che gli studi professionali sono tra le attività di rilievo strategico, comunque nell’elenco (allegato al DPCM) delle attività ATECO escluse dalla sospensione.

“D’altro canto – conclude Longoni – la ratio delle disposizioni di chiusura delle attività produttive e lavorative è quella di evitare occasioni di contatto tra le persone e quindi di potenziale propagazione del virus; esigenza che, per quanto riguarda gli studi professionali (soprattutto quelli con la presenza di un unico professionista o comunque con ampia organizzazione degli spazi di lavoro), risulta già ampiamente garantita. Ovviamente, sempre tenendo in considerazione le disposizioni vigenti che raccomandano l’utilizzo dello smart working per contrastare la diffusione del Covid-19”.

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