InfringEye è stato sviluppato per lo European data journalism network, per consentire a giornalisti e cittadini di monitorare i dati sulle infrazioni europee

Bussola per il digitale: la Commissione avvia la discussione

All’inizio del 2019, openpolis è entratata far parte dello European data journalism network – rete di testate giornalistiche e organizzazioni indipendenti che, utilizzando i dati, trattano tematiche europee. Un network con oltre 20 partner sparsi in tutta Europa per cui openpolis ha curato la realizzazione di InfringEye.

InfringEye è uno strumento per rendere più semplice per i giornalisti, gli attivisti e i cittadini monitorare le procedure europee di infrazione contro gli stati membri, filtrandole per paese, stato della procedura e argomento. InfringEye presenta il contesto in cui si inserisce una procedura di infrazione, fornendo dati utilizzabili come base per inchieste e lavori giornalistici.

Cosa ci dicono i dati delle infrazioni europee

Gli stati membri e la Commissione Europea condividono la responsabilità di assicurare il rispetto del diritto comunitario. Un principio di collaborazione che è alla base del rapporto fiduciario tra paesi e istituzioni, e che in un certo senso rappresenta uno dei migliori modi per tastare lo stato di salute dell’Unione europea. Ogni anno infatti l’alto numero di direttive e regolamenti che vengono approvati dalle istituzioni europee devono trovare implementazione nella legislazione nazionale degli Stati membri.

L’integrazione, culturale e normativa, è infatti uno dei pilastri su cui si fonda il rapporto tra i diversi paesi dell’Unione europea. In questo senso il tema delle infrazioni europee non deve essere ignorato. Il racconto che se ne fa spesso non tiene in considerazione l’alto costo del non rispetto del diritto comunitario. Un costo sia economico, ma anche e soprattutto sulla qualità della vita dei cittadini europei.

Negli anni si è cercato di stabilire un rapporto costruttivo tra la commissione e gli stati membri nel tentativo di limitare il numero di procedure d’infrazione e dare il tempo ai paesi di conformarsi propriamente. Un percorso che come vedremo ha avuto esiti altalenanti, perché se è vero che il numero di infrazioni aperte all’anno sta diminuendo, le lamentele e segnalazioni avanzate dai cittadini sono costantemente in crescita. Allo stesso tempo i paesi sembravo avere difficoltà a smaltire il lascito del passato, con il numero di infrazioni pendenti alla fine di ogni anno che cresce.

Cresce il numero di infrazioni pendenti alla fine di ogni anno

Le 644 nuove procedure avviate nel 2018 hanno infatti portato il totale delle infrazioni ancora pendenti alla fine del 2018 a 1.571. Negli ultimi anni lo stock di procedure ancora aperte al 31 dicembre è costantemente in crescita. Tra il 2014 e il 2015 il dato era sui 1.350 casi, dal 2016 invece i numeri sono stabilmente sopra la soglia delle 1.500 infrazioni pendenti. Questo vuole che se da un lato se ne stanno aprendo sempre di meno, dall’altro gli Stati membri stanno avendo difficoltà a “smaltire” quanto avviato negli anni precedenti.

L’ambiente ha storicamente rappresentato l’area più problematica per i paesi dell’Unione. A fine 2018 circa il 19% delle infrazioni pendenti riguardavano l’ambiente, ambito più coinvolto. Il dato è in calo, considerando che nel 2014 il valore raggiungeva il 24%. Il resto delle percentuali per area tematica risulta essere relativamente stabile: mobilità e trasporti (~15% del totale), mercato interno (~10%), migrazione e affari interni (~9%), tasse e affari doganali (~6%) e l’energia (~5%).

L’ambiente è la tematica più problematica nel campo delle infrazioni europee

In crescita invece le infrazioni che riguardano giustizia e consumatori, passate dal 6% al 10%, e quelle riguardano le reti di comunicazione di contenuti e di tecnologie, passate dall’1% del 2014 al 4,26% del 2018. Quest’ultimo dato è anche figlio del crescente ruolo della tecnologia nella vita di tutti giorni. Realtà che vede un crescente numero di direttive approvate in materia, e quindi anche di un crescente numero di infrazioni avviate sulla questione. In calo invece la percentuale di casi che riguardano l’ambito sanitario e di sicurezza alimentare, il 7% nel 2014 e il 2% nel 2018.

La situazione dell’Italia

Storicamente il tema delle infrazioni europee è molto caldo nel nostro paese. Se fino al 31 dicembre 2017 i dati erano in miglioramento, con il 2018 i numeri sono tornati ad essere negativi. Ad inizio settembre 2019 le infrazioni aperte nei confronti del nostro paese erano 79, dato più alto da 2 anni a questa parte. Soprattutto è da segnalare che è la prima volta dalla XVII legislatura ad oggi in cui si è registrato un vero e proprio peggioramento della situazione.

Dei 3 governi della scorsa legislatura, solo quello guidato da Enrico Letta aveva visto aumentare il numero di procedure durante la sua durata, passando dalle 98 dell’insediamento alle 119 di fine febbraio 2014. Con l’arrivo del governo Renzi poi i numeri sono iniziati a scendere notevolmente, arrivando a dicembre del 2016 a quota 70. L’esecutivo guidato da Paolo Gentiloni ha continuato il lavoro di contenimento dei numeri, portando il totale a inizio giugno 2018, insediamento del governo Conte, a quota 59. Alla sua nascita la squadra di governo giallo-verde (Conte I) riceveva quindi in eredità il numero più basso di infrazioni pendenti tra gli anni presi in considerazione.

Durante i 2 governi presieduti da Conte le infrazioni dell’Italia sono aumentate

Mese dopo mese, le nuove infrazioni avviate durante il governo Conte I sono aumentate, fino ad arrivare alle 79 procedure pendenti all’inizio del governo Conte II. Una crescita nei numeri che può avere varie spiegazioni. In primis dall’arrivo di una nuova maggioranza di governo, elemento che implica comunque un cambio di gestione nei ministeri competenti.

In secondo luogo dal fatto che la nuova squadra di governo, all’opposizione fino a pochi mesi prima, è composta da due forze politiche storicamente avversarie e quindi non abituate a governare insieme. Questo nuovo balzo non deve quindi far pensare ad eccessive responsabilità politiche dell’attuale esecutivo, ma è certamente un dato che va sottolineato. Più in generale ad oggi l’Italia è il terzo paese con più infrazioni pendenti. Davanti a noi abbiamo la Spagna (98) e la Grecia (84), mentre subito dietro troviamo la Germania (78), la Polonia (76) e infine il Belgio (69).

Quando ci costa tutto questo

Fino ad oggi l’Italia ha dovuto pagare sanzioni per 5 diverse infrazioni, tutte quindi giunte ad una sentenza della corte europea di giustizia sotto l’art. 260 del Tfue. Come certificato dalla “Relazione annuale 2018 – I rapporti finanziari con l’Unione europea e l’utilizzazione dei fondi comunitari” pubblicato dalla Corte dei conti a inizio 2019, l’Italia ha dovuto pagare dal 2012 ad oggi oltre 547 milioni di euro.

In particolare sono 5 le infrazioni che hanno causato questo esborso. La prima in ordine di tempo riguarda gli aiuti concessi per interventi a favore dell’occupazione e risale al 2007. Gli aiuti contestati erano stati erogati dallo stato italiano per incentivare l’occupazione, ed erano stati corrisposti in forma di sgravi contributivi a favore delle imprese che avessero assunto disoccupati con contratti di formazione e lavoro, da convertirsi in seguito in contratti a tempo indeterminato.

Dopo oltre 4 anni di contrattazione con la commissione, il 17 novembre 2011 è arrivata la condannata della corte di giustizia, al pagamento di sanzioni pecuniarie per il mancato recupero integrale degli aiuti contestati. Alla prima rata del 2012 di €30 milioni, ne sono seguite altre nel 2013 e nel 2018, che hanno portato il costo totale della procedura per il nostro paese ad oltre €76 milioni.

La seconda sentenza in ordine di tempo contro l’Italia è arrivata nel 2014, e riguarda la nota questione delle 200 discariche abusive sul territorio nazionale. L’infrazione in questione è stata aperta contro il nostro paese ben 15 anni fa, per la precisione il 9 luglio del 2003. Dal 2015 in poi l’Italia ha iniziato a pagare in media circa €50 milioni all’anno, per un totale che ad oggi ammonta a €204 milioni. L’infrazione è di gran lunga quella che più è costata alle casse dello stato.

Vista la gravità della situazione a marzo del 2017 è stato nominato dalla presidenza del consiglio dei ministri un commissario straordinario per la bonifica delle discariche abusive che ha proprio lo scopo di intervenire per la bonifica dei siti oggetto della sentenza della corte europea di giustizia del dicembre 2014. A 4 anni dalla condanna sono ancora 55 i siti da regolarizzare.

Strettamente collegata a quest’infrazione, è quella al centro della sentenza della corte europea di giustizia del 16 luglio 2015. Il contenzioso riguardava le famose ecoballe in Campania, infrazione che negli anni è costata allo stato italiano oltre €150 milioni. Nel 2018, con una rata di €43,8 milioni, è stata la procedura che ha causato il maggior esborso. Tra le altre cose, come rilevato dal ministero dell’economia nella sua relazione al parlamento, questa procedura implica anche un altro onere finanziario, quello relativo allo stanziamento di ingenti risorse per l’implementazione dei tre settori di impianti di smaltimenti dei rifiuti rappresentati dalle discariche, dai termovalorizzatori e dagli impianti di recupero dei rifiuti organici.

InfringEye vuole essere uno strumento a disposizione di giornalisti, cittadini e accademici per portare avanti ricerche e investigazioni. Per questo motivo lo European data journalism network mette a disposizione, per un libero riutilizzo, tutto il materiale impiegato per la creazione dello strumento.

In particolare quindi InfringEye offre:

  • una banca dati completa sulle procedure d’infrazione Ue passate e attuali;
  • dei dataset che mostrano i principali aspetti relativi alle infrazioni;
  • visualizzazioni già predisposte e liberamente riutilizzabili;
  • un rapporto dettagliato che fornisce un quadro completo della situazione.