Anche se il 3D è una tecnologia vecchia di decenni, è solo da qualche mese che tutti ne parlano. Dai televisori ai programmi Tv, il 3D è la nuova moda di cui sembra non sia possibile farne a meno.

I film in tre dimensioni sono apparsi nei cinema negli anni ’50, per scomparire quasi del tutto nel giro di pochi anni. Recentemente, però, la tecnologia 3D video è ritornata alla ribalta, sia nei cinema che in ambiente domestico.
La tecnica utilizzata è cambiata molto, rispetto a quella utilizzata mezzo secolo fa, anche se il principio rimane lo stesso; durante la ripresa vengono registrate due immagini per ogni punto di visione (cioè quello dei due occhi). Durante la riproduzione, viene fatto in modo che ciascuna immagine sia visibile solo dall’occhio relativo al punto di ripresa, così da creare l’effetto stereoscopico.
Negli anni ’50 veniva utilizzato il sistema anaglifico, che sovrapponeva le due immagini in un unico fotogramma, ma prima gli si applicava un filtro colorato. Lo spettatore indossava degli occhiali con due lenti di colore diverso (solitamente una ciano e l’altra rossa), che rendevano visibile solo una delle due immagini sovrapposte.
Purtroppo questa tecnica portava a produrre una scarsa fedeltà cromatica delle immagini, uno dei motivi che ne ha segnato il declino. D’altro canto si tratta di un sistema particolarmente economico, e adatto anche alle immagini stampate su carta: non è infatti raro trovare ancora oggi libri o riviste che propongono anaglifi, a cui sono abbinati occhialini realizzati in cartone e con dei normali fogli di gelatina colorati come lenti. Anche su di un comune televisore o schermo di computer, basta procurarsi un paio di occhiali anaglifici da pochi euro per poter riprodurre l’effetto stereoscopico.
Le tecnologie dei moderni cinema e televisori 3D sono simili, per principio, a quelle utilizzate negli anni ’50. Coem con gli anaglifi, anche in questo caso vengono infatti utilizzati dei sistemi per far sì che i due occhi percepiscano ciascuno solo l’immagine del proprio punto di vista.

I sistemi attivi e quelli passivi
Pur costringendo sempre lo spettatore a indossare speciali occhiali, la moderna tecnica utilizzata per separare le due immagini stereoscopiche è differente.
I più diffusi in ambiente domestico sono gli occhiali cosiddetti attivi, o chiamati anche a otturatore o “shutter”, che hanno delle lenti a cristalli liquidi che si oscurano alternativamente in rapidissima successione, in sincronia con la proiezione del filmato. I fotogrammi del video alternano le due immagini stereoscopiche a una frequenza definita, sincronizzata con le lenti degli occhiali che ricevono un comando di controllo dal sistema tramite un trasmettitore a raggi infrarossi solitamente inserito nella cornice del televisore.
La frequenza dei fotogrammi viene però, di fatto, dimezzata: per far sì che lo spettatore percepisca delle immagini fluide il frame rate del filmato dev’essere quindi almeno doppio rispetto a quello standard. Per questo motivo i televisori, per essere compatibili con la tecnologia 3D, devono essere in grado di supportare un segnale con una frequenza di almeno 120 Hz.
Nel sistema cosiddetto passivo, invece, sullo schermo del televisore è presente un filtro polarizzatore che abbinato agli occhiali, anch’essi con lenti polarizzate, permette di “dirigere” l’immagine corretta verso ciascun occhio. Questo sistema è quello più utilizzato nei cinema, perché al contrario del sistema a otturatore o attivo gli occhiali non hanno componenti elettronici e non devono quindi essere alimentati da batterie, il che significa che oltre ad essere decisamente più economici rispetto alle soluzioni attive sono anche più leggeri e comodi da indossare.
Il sistema 3D con filtro polarizzatore non alterna le due immagini stereoscopiche, come avviene con i sistemi attivi, ma le riproduce contemporaneamente. In questo caso la separazione delle immagini avviene in righe alternate, cosa che però riduce la definizione dell’immagine. Il filtro polarizzatore presente sulla superficie del display scompone il fotogramma in due immagini ciascuna delle quali è visibile singolarmente dalla lente polarizzata dell’occhiale.
Considerando che spesso più spettatori guardano lo stesso film in Tv, la tecnica con filtro polarizzatore permette di risparmiare un bel po’ di denaro rispetto a quella che richiede gli occhiali di tipo attivo. Gli occhiali di tipo attivo possono infatti costare anche più di un centinaio d’euro, mente quelli passivi, viceversa, dovrebbero essere messi in vendita a un prezzo inferiore ai 10 Euro.
In entrambi i casi si ha comunque una perdita consistente di luminosità, che quindi nei modelli di Tv 3D dev’essere incrementata per raggiungere un livello accettabile.

Il futuro: l’autostereoscopia
Ma gli occhialini 3D potrebbero presto diventare un ricordo del passato, grazie a una nuova tecnologia: stiamo parlando dell’auto-stereoscopia, ovvero della possibilità di visualizzare immagini 3D ad occhio nudo, senza dover indossare scomodi occhiali. Toshiba ha infatti già messo in produzione due modelli di Tv 3D auto-stereoscopici, che però almeno per il momento saranno disponibili solo in Giappone.
In questi televisori l’effetto tridimensionale è creato dalla cosiddetta barriera di parallasse, un sistema di microlenti disposto sul display LCD che provvede a dirigere le immagini verso i diversi punti di vista.
Ogni pixel 3D è formato da nove subixel, ognuno dei quali contribuisce a formare l’immagine di un diverso punto di vista. Un apposito processore provvede a elaborare il fotogramma originale creando le nove immagini di parallasse, che vengono poi utilizzate per riprodurre l’effetto stereoscopico attraverso la barriera.
C’è però da dire che questa tecnologia non ha ancora le caratteristiche necessarie per imporsi sul mercato: per ottenere la risoluzione di 1.280×720 punti è necessario che il pannello disponga di una risoluzione fisica di nove volte superiore (8,29 milioni di pixel circa), il che fa salire di molto i costi. Inoltre l’effetto 3D è visibile correttamente solo da una certa distanza e con un angolo di visione piuttosto ristretto.

I contenuti in 3D
Una volta acquistato un televisore 3D bisogna procurarsi i filmati. Lo scorso dicembre la “Blu Ray Disc Association” ha ufficializzato le specifiche per lo standard 3D, che prevedono che il flusso dei dati video sia nel formato AVC Multi-View Codec (AVC-MVC) che consente di inserire le due tracce video occupando solo il 50% di spazio in più rispetto a un filmato standard.
Quindi, i recenti titoli in 3D e quelli prossimi in uscita saranno probabilmente disponibili anche su supporto Blu-Ray, mantenendo le caratteristiche 3D.
I dischi Blu-Ray in tre dimensioni dovranno essere inseriti in un lettore certificato per lo standard 3D, ma potranno essere riprodotti anche dai lettori standard, con cui manterranno la compatibilità. In quest’ultimo caso, però, la visualizzazione avverrà in modalità 2D.
Per quanto riguarda invece le trasmissioni Tv, Mediaset Premium è stata la prima emittente a proporre un film in 3D ai suoi abbonati, che lo scorso primo ottobre hanno potuto assistere al film La leggenda di Beowulf. Mediaset proseguirà con le trasmissioni 3D offrendo un film diverso ogni mese, il tutto però accessibile solo da chi dispone un decoder Premium On Demand HD.
Pochi giorni dopo il debutto del 3D di Mediaset è stato il turno dell’operatore satellitare Sky, che ha invece puntato su un evento sportivo, ovvero la Ryder Cup di golf. In questo caso era sufficiente disporre di un decoder HD, “normale” oppure in versione PVR (MySky HD), che comunque l’operatore fornisce in comodato gratuito ai propri abbonati.
Sky non ha per ora annunciato una programmazione definita di eventi o film in 3D, ma ha assicurato che la Ryder Cup non resterà un caso isolato. A novembre, infatti, alcune partite della nazionale di rugby sono state trasmesse in 3D, cosa che ha fatto anche La7, per la prima volta su di un canale trasmesso “in chiaro” e non a pagamento.
Molti televisori 3D integrano però un sistema in grado di trasformare in 3D qualsiasi video, con dei risultati molto apprezzabili. Un apposito processore provvede ad analizzare colore, forma, luminosità degli elementi di un’immagine per elaborarne un’altra con una prospettiva “virtuale” spostata a lato di questa di qualche cm, per simulare la ripresa stereoscopica.