I risparmi delle famiglie sono raddoppiati in 20 anni: attenzione a consegnare ai robot 4400 miliardi di euro

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La Fabi analizza i dati diffusi da Banca d’Italia riguardanti la ricchezza finanziaria detenuta dalle famiglie italiane e le loro scelte di investimento degli ultimi venti anni, dal 1998 al primo trimestre del 2018.

In generale, la scelta di investimento delle famiglie è focalizzata su diverse tipologie di strumenti sia monetari sia finanziari quali depositi e monete, titoli a breve e medio-lungo termine, azioni e partecipazioni, fondi comuni nonché strumenti assicurativi e pensionistici privati. Nonostante gli effetti congiunturali di natura economica e le turbolenze dei mercati finanziari registrate nel corso degli anni 2008 e 2011, il valore dello stock complessivo nel periodo considerato – passato da 2.200.168 milioni di euro del 1998 a 4.406.144 milioni di euro del 2018 (+98,5%) – evidenzia un trend di crescita della ricchezza finanziaria, seppure con alcuni cambiamenti di preferenze nei portafogli delle famiglie.

A fine 2017 i depositi e la liquidità assorbono la quota preponderante del patrimonio finanziario investito dalle famiglie italiane confermando il giusto interesse, da parte delle stesse, per la liquidità nonché la fiducia nel sistema bancario. Seppur in presenza di un fenomeno di discesa dei tassi di interesse attivi sui depositi, sia di breve sia di lungo termine, nel periodo compreso tra il 1998 e il 2018 (i dati si riferiscono al primo trimestre) sono stati accantonati oltre 170 miliardi di euro sotto forma di depositi a medio-lungo termine e 560 miliardi di risorse in monete e depositi a vista, rappresentando congiuntamente circa il 31% del totale la ricchezza finanziaria complessiva del risparmio italiano.

Diviene maggiormente rilevante nel portafoglio delle famiglie il valore complessivo degli investimenti di tipo assicurativo e pensionistici di tipo privato che passa da un modesto peso, inferiore al 10%, sino al 2002, fino ad arrivare a un 23% nel corso del primo trimestre 2018; si registra interesse verso forme alternative di risparmio e anche qualche sintomo di preoccupazione per i sistemi pensionistici in essere e per le continue riforme susseguitesi nel corso degli anni. In termini assoluti, il valore delle risorse finanziarie dedicate a questo comparto si incrementa di circa 755 miliardi di euro, a partire dall’anno 1998.

Con la finalità di preservare un giusto equilibrio tra sicurezza e rendimento ma mantenere una certa propensione al rischio, il peso delle azioni e altre partecipazioni in valore percentuale sul totale è raddoppiato nel corso di tutto il periodo considerato ed è rimasto pressoché costante (in media il 22%) a partire dal 2008.

Un crescente interesse viene mostrato da parte degli italiani anche per la categoria dei fondi comuni di investimento, con un impegno complessivo di poco superiore a 150 miliardi nel 2008, a fronte di uno stock di circa 537 miliardi a fine 2017 e un peso nel portafoglio cresciuto al 12,2% da circa il 4,6%, in controtendenza rispetto ai titoli obbligazionari, sia pubblici sia privati, che rivestono un ruolo residuale nel portafoglio complessivo (circa il 7%).

Il forte disinvestimento che ha interessato quote di debito sia pubblico sia privato dimostrano da un lato l’abbandono verso forme pressoché tradizionali di investimento – che sono state anche frutto di “risparmio tradito” per quel che concerne la componente privata – ma anche l’affievolirsi delle distonie informative e conoscitive tra le famiglie italiane (che rappresenta la clientela bancaria di tipo consumatore) e gli intermediari finanziari e attesta ancor di più l’importanza della consulenza finanziaria come fattore determinante per una migliore consapevolezza e percezione del rischio finanziario (tema della centralità del canale bancario nelle scelte di tipo finanziario degli italiani) nelle scelte di investimento.