L’attrattività come parametro per lo sviluppo dell’economia di tutto il Paese che vive gli effetti nega-tivi dei ranking internazionali inadatti a fotografare il reale posizionamento dell’Italia nella scala di attrattività.

La reputazione dell'Italia dopo la crisi potrebbe essere rafforzata

“Quando un’impresa come la nostra va all’estero e si fa conoscere, ci apprezzano per le nostre eccellenze. Capacità, flessibilità e grande laboriosità sono i nostri punti di forza ed è ciò che ci viene maggiormente riconosciuto dai decision maker internazionali ma c’è anche bisogno di tornare a valorizzare il concetto di impresa e far fronte comune, essere compatti e virtuosi come sistema Paese”, così è intervenuto Mauro Savio, amministratore unico di Modulblok SpA, durante la tavola rotonda, organizzata dal gruppo giovani imprenditori di Confindustri Udine, per la presentazione del Global attractiveness index: vero e proprio “termometro” dell’attrattività di un Paese.

Il progetto, presentato a palazzo Torriani (UD),  è stato realizzato da The European House – Ambrosetti in collaborazione con ABB, Toyota Material Handling Europe e Unilever e si è avvalso del contributo di Advisor di prestigio come Ferruccio de Bortoli, Presidente Casa Editrice Longanesi e Associazione Vidas, moderatore della tavola rotonda a cui hanno preso parte, oltre a Mauro Savio, nomi illustri dell’imprenditoria italiana come Leonardo Salcerini, managing director  Toyota Material Handling Italia, Anna Mareschi Danieli, presidente di Confindustria Udine e Vice Presidente Financing and Contracting & C. Officine Meccaniche SpA, Filippo Fontanella, Product Manager Maddalena SpA,  Davide Borei, Presidente Gruppo Giovani Imprenditori Confindustria Udine.

L’attrattività di un Paese come fattore determinate per l’International Business è un argomento scottante e ben conosciuto da Mauro Savio che amministra un’azienda, leader internazionale nei sistemi di stoccaggio che, solo nell’ultimo anno, ha accresciuto il proprio export del 70%.

Una tematica fondamentale per lo sviluppo dell’economia di tutto il Paese che vive gli effetti negativi dei ranking internazionali inadatti a fotografare il reale posizionamento dell’Italia nella scala di attrattività. Strumenti, questi, che ancora oggi vengono utilizzati dai maggiori azionisti esteri come paramentro per gli investimenti ma che, in realtà, rappresentano una distorsione oggettiva delle capicità imprenditoriali del Paese.

Così se l’Italia risulta al 45° posto per Il Doing business report della World Bank, dietro alla Malesia e alle Mauritius, e al 77° posto al mondo per libertà di stampa, dopo il Burkina Faso, la ritroviamo al 15° posto in base alle metriche elaborate dal TEHA, che utilizzano Key Performance Indicator fondati su quattro elementi: il capitale fisico, naturale, umano e sociale.

Ma come si spiega un divario così sostanziale?

La maggior parte di questi indici internazionali “tradizionali” utilizzano survey che vengono inviati a enti individuati secondo criteri ignoti. Se consideriamo, come sottolinea Leonardo Salcerini, che noi italiani “siamo nel mondo, dopo il Sudafrica, lo Stato in cui gli abitanti hanno la peggiore percezione del proprio Paese”, non stupisce come la carenza di oggettività dei soli 8-10% degli intervistati che realmente rispondono a questi questionari sia ricetta per un risultato fallimentare sicuro.

Inoltre, “l’incapacità di fare marketing a livello di nazione ci penalizza”- ha aggiunto Savio – “ed è nesso causale della rappresentazione non veritiera del sistema ecomico italiano: una lacuna, questa, capace di influenzare negativamente la localizzazione degli investimenti degli azionisti esteri sul nostro territtorio”.

Così il Global attractiveness index risulta essere in grado di riassumere al meglio il posizionamento, la dinamicità, la sostenibilità e la competitività delle aziende italiane.

Una forte attenzione è stata rivolta, durante il convegno, al capitale umano soprattutto per quanto riguarda i giovani.

“Occorre lavorare su ampio spettro sul capitale umano. Non aspettiamo dalla scuola che i ragazzi vengano già pronti e formati. Deve essere l’azienda a costruire loro le competenze; quello che serve è avere giovani che arrivano in impresa resilienti ed entusiasti” conclude così l’amministratore unico di Modulblok che punta da sempre sulla formazione di giovani talenti attraverso programmi di studio-lavoro gestiti in partnership con l’Università di Ingneria di Udine.