L’I.A. può riservare opportunità per il nostro Paese, a condizione di non essere colti di sorpresa dal punto di vista culturale e legislativo

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Lo scorso 23 gennaio, alla Camera dei Deputati a Romaprofessori universitari, ricercatori e industriali si sono riuniti per lanciare un appello anche alla politica italiana: l’I.A. può riservare opportunità per il nostro Paese, a condizione di non essere colti di sorpresa dal punto di vista culturale e legislativo.

Questo il messaggio emerso dal convegno intitolato “Le opportunità dell’intelligenza artificiale. Le nuove sfide del sistema Italia”, convocato dall’Istituto per la Cooperazione con i Paesi Esteri (I.C.P.E.) e dall’imprenditore Francesco Carlino, che si è tenuto nell’Aula dei Gruppi parlamentari.

Di fronte a quasi 150 persone, si sono alternati esperti di varia estrazione, uniti però dalla convinzione che l’Italia non debba perdere il treno dell’intelligenza artificiale.

Quello cioè degli algoritmi che consentono di ritenere superato l’adagio per cui “i computer fanno solo quello che sono programmati per fare”, proiettandoci in un’era in cui “la macchina deve apprendere da sé le regole per raggiungere il suo scopo, e tutto questo attraverso un apprendimento spesso empirico, una vera e propria esperienza”, come ha detto Carlino.

Luigi Laura, professore di Informatica alla LUISS ed editorialista della rivista online LUISS Open, ha esemplificato la rapidità assunta ormai dagli sviluppi dell’I.A. raffrontando le caratteristiche di Deep Blue – il computer della IBM che nella seconda metà degli anni 80 sfidò lo scacchista russo Kasparov – con i ritmi e le modalità di apprendimento ben più sofisticate di AlphaGo, il software per il gioco del go creato da Google a partire dal 2014.

Renato Spigler, professore di matematica all’Università Roma Tre, ha sostenuto – dati alla mano – che soltanto “un’Italia razionale” potrà fare tesoro dei radicali cambiamenti tecnologici in corso: da qui l’invito a ripensare l’istruzione e la ricerca, sia di base sia avanzata, “superando obsolete barriere tra Scienze naturali e Scienze sociali”, e tenendo a mente che “i Paesi europei che hanno ottenuto maggiori finanziamenti per progetti di ricerca nell’ambito del programma quadro dell’Ue ‘Horizon 2020’ – i quali in genere hanno una forte connotazione applicativa – sono quelli che hanno investito di più in ricerca di base su scala nazionale”.

Alla “necessaria collocazione europea” dell’Italia ha fatto riferimento nel suo intervento anche Giuseppe Morabito, Generale in congedo dell’Esercito italiano e direttore della NATO Defense College Foundation. Di fronte alle considerazioni svolte nel 2017 dal presidente russo Vladimir Putin, secondo il quale “chiunque diventerà leader nell’intelligenza artificiale, dominerà il pianeta”, e alla luce delle ambizioni dichiarate dalla Cina di voler primeggiare nel settore dell’I.A. entro il 2030, Morabito ha brevemente ricostruito la competizione militare e geopolitica in corso nel settore, chiedendosi infine quale possa essere il “level of ambition” dell’Italia.

Sul fronte imprenditoriale, sono intervenuti Alessandro Musumeci, presidente del Club Dirigenti Tecnologie Informatiche, Fabrizio Dughiero, Prorettore dell’Università di Padova, e Rodolfo Cetera della Confindustria di Padova: il primo ha ricordato come – anche grazie agli incentivi per l’Industria 4.0 – il nostro Paese abbia oggi significative potenzialità di sviluppo tecnologico nei settori dei trasporti, dell’agroalimentare, della valorizzazione dei beni culturali e delle banche; il professore Dughiero, sempre a proposito della cosiddetta Quarta Rivoluzione industriale, ha invece analizzato l’esperienza nascente del Competence Center, incubatore di eccellenza in cui convergono università, ricercatori e imprese venete per favorire innovazione e internazionalizzazione delle aziende;

Il dottor Cetera, alla luce di ciò, ha ipotizzato un nuovo ruolo per la Confindustria, proprio come volano e diffusore di best practice nel campo dell’intelligenza artificiale tra le imprese più piccole che altrimenti potrebbero faticare a fare tesoro di questo nuovo paradigma.

Gli avvocati Annibale Schettino e Carlo Mustone hanno introdotto un tema di rilievo specialmente per il legislatore: dalla tutela della privacy al diritto penale, si può davvero sostenere che il nostro ordinamento giuridico sia all’altezza dei tempi dell’intelligenza artificiale?

Anche in questo caso, il quadro attuale non è esclusivamente a tinte fosche, ma lo scenario futuro potrebbe complicarsi se il legislatore, già subito dopo le elezioni politiche del prossimo 4 marzo, non riterrà di inserire queste riflessioni tra quelle di portata strategica per l’Italia.

Da ultimo Stefano Crisci, Professore di Market Regulation e Diritto del Turismo all’Università La Sapienza di Roma, Facoltà di Economia, ha evidenziato gli aspetti travolgenti e positivi dell’I.A. che fa già parte del nuovo mondo (new normal) ed ha posto l’accento sulla necessità della formazione a tutti i livelli e categorie, sin dai primi anni di scuola. il paese ha sostenuto, il Professor Crisci, deve fare “sistema” in europa e nel mondo.

Ê quindi imperativo, che imprese, università e governo, cooperino tra loro per far sì che l’Italia non perda l’occasione di diventare uno dei Paesi che contribuiscono alla armonizzazione legislativa, scrivendo e progettando gli algoritmi che regoleranno l’I.A. nei vari settori, nutrendoli dei principi e valori appartenenti al nostro patrimonio storico e culturale, affinché si possa sempre di più vivere in un mondo competitivo, ma regolato, avendo sempre al centro l’uomo, che è al contempo attore e consumatore finale.