Il Decreto del 19 marzo rende pubblici gli indirizzi Pec dei professionisti, con il rischio di scenari non ancora definiti

Il Decreto Legge del 19 marzo 2013, firmato dal Ministero dello Sviluppo Economico, ha definito la creazione dell’Indice nazionale indirizzi Pec (noto con l’acronimo INI-PEC). Un indice che, oltre a rendere pubblici gli indirizzi di tutti i professioni, grava di lavoro (e di costi) le segreterie degli ordini professionali. Due, in particolare, i punti delicati del Decreto: Privacy: tutti gli indirizzi PEC dei professionisti saranno pubblici.

 

Chiunque, quindi, potrebbe scrivere ad un professionista, senza spendere nulla, una mail che assume la stessa valenza legale di una raccomandata A/R. Aggiornamento: trascorsi sei mesi dall’invio iniziale degli indirizzi in loro possesso, gli Ordini Provinciali dovranno provvedere quotidianamente all’aggiornamento (effettuato in forma telematica tramite un servizio di cooperazione applicativa realizzato ai sensi del CAD, oppure tramite un servizio web che verrà reso disponibile).

 

A questo si aggiunge il fatto che già attualmente gli Ordini provinciali devono fornire tali dati al coordinamento nazionale e, prossimamente, le stesse informazioni dovranno essere inviate anche alle Camere di Commercio e al Ced del Ministero di Giustizia per il Pct. Il tutto in tre formati differenti. Le camere di Commercio, infatti, richiedono nome e cognome, oltre a codice fiscale e ordine di appartenenza, senza nessuna distinzione per quanto riguarda le singole specializzazione degli iscritti.

 

Questo comporta, ad esempio per gli iscritti all’Ordine degli Ingegneri, che non vi è distinzione fra civili e gli altri. Questo comporta che le PA potranno estrarre la lista di un intero Ordine Provinciale, ad esempio per assegnare incarichi a rotazione, con il rischio di confusione di ruoli. Con un ingegnere civile chiamato a operare nell’ambito dell’Ict o viceversa.

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