Il team di ricercatori della Libera Università di Bolzano parteciperà al concorso Micro Data Center Design Challenge, una competizione organizzata dall’Ong Inveneo di San Francisco.

Al nome curioso e stravagante di Berry Hunters, ovvero i cacciatori di lamponi, si cela in realtà un ingegnoso team di ricercatori e studenti di informatica della Libera Università di Bolzano composto dal professor Sven Helmer che insegna Database Systems e Data and Knowledge Engineering in unibz e dai suoi fidati collaboratori e insieme si stanno occupando di Raspberry Pi, ovvero i micro-computer open source dai costi irrisori – poche decine di euro – e dai consumi molto contenuti.

Proprio per questo  modello di cluster, i  Berry Hunters sono stati invitati a partecipare al concorso internazionale indetto da Inveneo per la realizzazione di un progetto di micro data center ad alimentazione solare che possa quindi essere utilizzato nel Sud del mondo anche nelle più avverse condizioni ambientali, sopportando calore, polvere e umidità. Sarà quindi una giuria formata da esperti dell’industria delle telecomunicazioni a giudicare la validità dei progetti presentati. Il design vincente verrà realizzato e installato su una isola remota del Pacifico. Lo scopo del concorso – che mette in palio un premio di 10.000 dollari – è creare un data center di piccole dimensioni ad altissima efficienza energetica e basato su architettura ARM ma non solo: si punta soprattutto a fornire una risorsa per l’alfabetizzazione informatica a comunità e scuole sprovviste di mezzi finanziari e situate in località isolate.Secondo i loro studi, questi micro lamponi possono essere collegati per formare cluster, raggiungendo così maggiori capacità di calcolo. Il Raspberry Pi e il suo successore, il Banana Pi, rappresentano la soluzione ideale per costruire data center nelle scuole e nelle università – soprattutto nel Sud del mondo – che non possono permettersi gli investimenti solitamente molto ingenti necessari.

Il modello di data center low cost, inventato dai ricercatori unibz, prevede la realizzazione di un case in legno con diversi ripiani. Su questi vengono posizionati i Raspberry Pi, i dischi fissi a stato solido, i cavi, gli interruttori e le batterie che compongono il micro data center. “Si tratta di un case creato con materiale a basso impatto ambientale e che può essere realizzato dagli artigiani locali”, spiega il prof. , “così abbassiamo i costi e diminuiamo l’impronta di carbonio risultante della produzione perché non si spedisce nulla in giro per il pianeta. Il case è sostenibile e robusto”. Il vantaggio del cluster creato in unibz è che se alcune parti di esso hanno dei problemi, queste possono essere disattivate e sostituite o riparate mentre il data center può continuare a funzionare. Si tratta inoltre di una tecnologia totalmente scalabile dato che il cluster può essere espanso a seconda delle necessità degli utenti, semplicemente aumentando il numero di microcomputer collegati. Anche la sua alimentazione è all’insegna delle sostenibilità ambientale poiché il data center è collegato a un pannello solare.

Il progetto dell’Università di Bolzano mira ad aiutare le scuole e i centri di ricerca dei Paesi con meno risorse economiche a colmare il digital divide e per questo è stato individuato e ammesso al concorso di Inveneo. Il 15 luglio prossimo, i cacciatori di lamponi di Bolzano sapranno finalmente se il loro progetto risulterà vincitore.