Cresce l’adozione di dispositivi smart, ma la security stenta a decollare. Cybercriminali in pole position

[section_title title=Internet of Things: quanto sono sicuri i dati? – Parte 1]

Smartwatch, frigoriferi connessi a Internet, automobili “connected” – secondo l’osservatorio IoT della School of Management del Politecnico di Milano sono 8 milioni gli oggetti interconnessi in Italia (+33% rispetto al 2013) e il loro valore di mercato tocca 1,15 miliardi di euro (+28% rispetto al 2013). A livello internazionale gli analisti pronosticano una crescita esponenziale del settore che si prevede totalizzare entro il 2019 un volume di 1,7 trilioni di Dollari. Per quanto tecnologicamente stimolante, questo sviluppo è allarmante: i recenti avvenimenti nel settore automotive e dell’elettronica di consumo dimostrano che molte aziende si sono avventurate nell’IoT troppo avventatamente, senza prendere in considerazione la sicurezza.

Sono passati appena 20 anni dalla prima volta in cui, durante una presentazione, ho mostrato una slide che affrontava la tematica dell’invio di spam attraverso un frigorifero. La maggior parte dei presenti lo trovò ridicolo. Lo scorso anno, però, tutto questo si è trasformato in realtà. I frigoriferi, nel frattempo, sono diventati “smart” e possono fare molto di più che semplicemente refrigerare”, ha dichiarato Eddy Willems, Security Evangelist di G DATA.

Grazie all’Internet of Things ogni oggetto possiede un indirizzo IP e può comunicare con quasi tutto e tutti. I vantaggi e le possibilità sono pressoché illimitate. Ma queste evoluzioni in campo tecnologico non possono anche cagionare seri problemi?
Smart TV, console per i videogiochi, tablet, smartphone e auto – tutti possono essere intercettati. Le fotocamere di computer portatili, smartphone o smart TV possono filmarci senza il nostro consenso. Samsung ha modificato la regolamentazione inerente la tutela della privacy, per tranquillizzare il consumatore riguardo i comandi vocali della sua smart TV. BMW ha rilasciato sul mercato un aggiornamento del software del sistema ConnectedDrive per impedire agli hacker di aprire gli sportelli dei veicoli, operazione altrimenti molto semplice per loro. Sono stati coinvolti 2,2 milioni di veicoli. “Questi sono i primi segnali che dimostrano che ci siamo tuffati troppo avventatamente nella novità, senza pensare prima a quelle che sarebbero potute essere le possibili conseguenze” spiega Eddy Willems Security Evangelist di G DATA, che ricorda come secondo l’esperto di sicurezza Jack Barnaby, venuto a mancare nel frattempo, anche i pacemaker e i microinfusori di insulina non sono sufficientemente protetti da potenziali attacchi di hacker.

L’internet delle cose è davvero sicuro?

Indubbiamente il fascino delle nuove tecnologie ha fatto irruzione nella nostra quotidianità, ben prima che si disponesse di una risposta adeguata a questa domanda. Basti solo pensare al boom degli smartwatch, al di là del disturbo che può arrecare una semplice vibrazione di avviso di chiamata in un momento inopportuno, questi device permettono di leggere e-mail, cercare contatti in rubrica, visualizzare gli appuntamenti nel calendario e, con la tecnologia contactless, anche pagare il caffè. Ma la cosa più importante è che lo smartwatch conta i tuoi passi, misura la tua frequenza cardiaca e valuta addirittura il ritmo del tuo sonno. Tutti questi dati vengono inoltrati a un server nel cloud. La maggior parte dei dispositivi intelligenti, dunque, raccoglie in modi diversi molte informazioni personali.

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