I motori di ricerca “leggeranno nel pensiero” gli utenti, aiutandoli a trovare ciò che vogliono. Diversi i vantaggi anche per le aziende

motoridiricercalandingmotoridiricercalanding

I motori di ricerca puntano a essere sempre più intelligenti: se fino a oggi si sono concentrati sulla pertinenza dei risultati rispetto alla ricerca dell’utente e sulla selezione delle pagine proposte, in futuro puntano addirittura a “leggere nel pensiero” dell’utente, arrivando a comprendere ciò che l’utente sta cercando anche se quest’ultimo non lo ha indicato esplicitamente, ad esempio perché non sa qual è il termine corretto per ciò che sta cercando, sia esso un oggetto o un procedimento di qualche tipo. Questo non offre solo la possibilità di trovare ciò di cui ha bisogno, ma anche la possibilità in prospettiva di proporre all’utente associazioni (informazioni o prodotti) e informazioni complementari sempre più puntuali.

È questo l’ambito della cosiddetta “ricerca semantica”, che rappresenta una delle principali frontiere degli studi sui futuri algoritmi dei motori di ricerca: non a caso Google già a partire dal 2013, con l’algoritmo Colibrì, ha introdotto proprio alcune funzioni incentrate sull’indicizzazione semantica, seppure in forma ancora superficiale, confermando così l’importanza sempre maggiore che avrà questa metodica.

Tra le poche realtà italiane a poter vantare degli studi approfonditi in questo ambito vi è 4words, la business unit di Sanmarco Informatica Spa specializza in servizi e applicativi evoluti di marketing digitale, che ha presentato oggi i primi risultati della propria ricerca al CNR di Roma.

È stato già sviluppato – spiega Gabriele Fallica, il ricercatore di 4words responsabile del progetto – un prototipo funzionante che è in fase di progressivo ampliamento: già ora il computer, per la categoria tematica da cui abbiamo scelto di partire, è in grado trovare il termine corretto a partire da una ricerca per definizione, anche approssimativa. Di fatto, descrivendo la funzione di un oggetto, ovvero ciò che serve all’utente per le sue esigenze, il motore di ricerca capisce di quale oggetto si tratta restituendo così una risposta pertinente. Questo modello di organizzazione della conoscenza può essere ampliato fino a comprendere teoricamente l’intera semantica di una lingua e soprattutto può fornire una serie di indicazioni tecniche sui codici da inserire nelle pagine web per aiutare il motore di ricerca a capire di cosa stiamo parlando”.

Affinchè la ricerca intelligente avvenga nel modo corretto – spiega ancora Gabriele Fallica – bisogna che si abbia a disposizione un insieme di informazioni semantiche già strutturare, una “ontologia” della conoscenza collegata a un certo argomento, prodotto o nome di azienda, organizzata in uno schema strutturato. Occorre quindi creare questa ontologia e metterla a disposizione di Google, ma per fare questo ho scelto di procedere al contrario: creare io stesso un rudimentale motore di ricerca, per costruire le mappe linguistiche, o per meglio dire l’ontologia, che il computer deve utilizzare per fornire delle risposte pertinenti. Questo è un procedimento a cui ci sottoponiamo in modo naturale da bambini, con il vantaggio che nell’apprendere il linguaggio oltre agli insegnamenti scolastici o dei genitori noi possiamo contare su una grande varietà di stimoli ed esperienze, cosa che il computer non può fare. Dobbiamo insegnargli tutto noi, creando dei modelli logici e matematici con cui rappresentare la conoscenza. Non solo, ma questo procedimento va fatto in modo tale che questa “mappa” possa poi essere incorporata nei siti Internet dei clienti e interpretata correttamente dai motori di ricerca. Il prototipo che abbiamo sviluppato serve appunto a questo scopo».

I vantaggi nello sviluppo dei siti internet

I possibili benefici di questo ambito di studi sono molteplici e su vari livelli. “Nell’immediato – spiega Fallica – vi è una migliore comprensione dei criteri di funzionamento dei motori di ricerca e della loro evoluzione, al punto che grazie a questa sperimentazione abbiamo messo a punto alcune tecniche che siamo già in grado di applicare sui siti web dei nostri clienti, in primis in quelli di e-commerce”.

Come detto, infatti, Google utilizza già i microdati per le ricerche semantiche, tanto è vero che le sue linee guida ufficiali li prevedono, ma per ora questa funzione è limitata alle informazioni su persone e prodotti e poco altro, mentre creare una vera ontologia semantica è qualcosa di più ampio e complesso.

I siti Internet possono inoltre utilizzare questa metodologia per dotarsi di nuove funzionalità “intelligenti”: si pensi alla possibilità, per un sito con centinaia di articoli a catalogo, di mettere a disposizione degli utenti un motore di ricerca interno in grado di indicare con precisione quale prodotto è il più adatto alle loro esigenze.

In prospettiva futura, inoltre, oltre ad una maggiore efficacia dell’indicizzazione e pertinenza delle risposte ricevute dagli utenti, un altro vantaggio importante potrebbe riguardare la stabilità: “Per la grande complessità di un’indicizzazione semantica – conclude Fallica – e il fatto che uno schema delle conoscenze di questo tipo è il più simile a quello utilizzato dalla mente umana, è probabile che un’indicizzazione semantica sia meno soggetta ai cambiamenti anche rapidi di algoritmo che abbiamo visto negli ultimi anni da parte di Google, con la necessità spesso di aggiornare profondamente i siti Internet e rifare la loro indicizzazione”.