Connettere i robot e renderli autonomi può accelerare la ricerca e rimodellare il concetto di interazione uomo-macchina

Nel 1927 era sicuramente fantascienza, forse anche nel 1950: sono gli anni in cui due grandi narratori, il regista Fritz Lang e lo scrittore Isaac Asimov, hanno raccontato la meccanizzazione della vita umana. Il primo con il film apocalittico Metropolis, il secondo con la raccolta di racconti Io robot. Sebbene siano molto diverse, entrambe le storie condividono un principio spiegato con chiarezza: il futuro, nel bene o nel male, sarà abitato anche da robot. I racconti di Asimov sono curiosamente ambientati nel ventunesimo secolo,  una previsione felice se pensiamo che entro un paio d’anni sarà possibile “connettere alla robotica la tecnologia alla base degli smartphone“.

Le parole di Giorgio Metta, direttore della iCub Facility dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, lasciano intendere che il settore della robotica si stia preparando a cambiare radicalmente e velocemente. I robot saranno messi nelle condizioni di scambiarsi informazioni autonomamente, di crescere, a loro modo. Quello che succederà a iCub, l’umanoide sviluppato dallo stesso Istituto genovese e prodotto in trenta esemplari, ventisei dei quali sono stati venduti a laboratori di tutto il mondo. La sua struttura sarà più robusta, si alimenterà a batteria e potrà connettersi alla rete wireless.

Il progetto dell’Istituto ha suscitato l’interesse della Commissione Europea, ha spiegato Metta, che ha sottolineato come la ricerca potrebbe diventare più veloce, più efficiente e lavorare alla definizione di nuovi standard.