Le regole imposte dal Garante spingono i contact center a dotarsi di nuove tecnologie. L’ outbound è in pole position

Dal 2 ottobre 2014 i call center devono rispettare le regole fissate dal Garante della Privacy e comunicate con sei mesi di anticipo per agevolare l’aggiornamento delle configurazioni. I parametri delle impostazioni dei sistemi di outobound non saranno più decisi arbitrariamente dai call center, ma dovranno attenersi alle prescrizioni del Garante:

  • I call center devono tenere precisa traccia delle “chiamate mute”, che devono comunque essere interrotte trascorsi 3 secondi dalla risposta dell’utente;
  • Non possono verificarsi più di 3 telefonate “mute” ogni 100 andate “a buon fine”. Tale rapporto deve essere rispettato nell’ambito di ogni singola campagna di telemarketing; di rumore ambientale, il cosiddetto “comfort noise” (ad es. con voci di sottofondo, squilli di telefono, brusio), per dare la sensazione che la chiamata provenga da un call center e non da un eventuale molestatore;
  • L’utente disturbato da una chiamata muta non può essere ricontattato per 5 giorni e, al contatto successivo, deve essere garantita la presenza di un operatore;
  • I call center sono tenuti a conservare per almeno due anni i report statistici delle telefonate “mute” effettuate per ciascuna campagna, così da consentire eventuali controlli.

Quali sono le implicazioni per i contact center italiani? In primo luogo, per quelli che non l’avessero ancora fatto, la necessità di dotarsi di tecnologie che siano in grado di implementare e rispettare facilmente le regole imposte dal garante.

Un sistema di outbound professionale di fascia alta, dovrebbe permettere di configurare facilmente le restrizioni imposte, sia in termini di velocità di riconoscimento della voce umana (<3 sec.), sia in termini di richiamata posticipata e di adeguata reportistica. La maggior parte dei sistemi italiani, purtroppo, non è in grado di garantire il rispetto di tali regole: si pensi a qualsiasi sistema software only di predictive dialing, con un grado di riconoscimento massimo delle segreterie telefoniche del 70-75%, o a sistemi che non sono in grado di garantire che la richiamata del singolo utente avvenga puntualmente non prima dei 5 giorni dettati dal Garante.

Ciò significa che oggi i contact center, per fare lo stesso lavoro di prima, e di fatto con performance inferiori dovute alle restrizioni imposte, sono messi di fronte alla necessità di dotarsi di tecnologie più evolute:

  • Un dialer di fascia alta con riconoscimento delle segreterie hardware, porta la qualità del riconoscimento a oltre il 90%, riducendo quindi sensibilmente la possibilità di errori nel distinguere una voce umana. Inoltre la possibilità di modificare alcuni elementi dell’algoritmo di predictive dialing rende più facile calibrare le campagne per minimizzare gli errori tipici di un algoritmo troppo aggressivo (ad esempio troppe chiamate pronte senza agenti che possano rispondere, oppure al contrario troppo poche chiamate con voce umana e agenti in attesa).
  • Un sistema avanzato di List Management, che permetta di gestire le liste di record da chiamare in maniera intelligente e dinamica, tenendo traccia di recall e appuntamenti, cercando il momento migliore in cui chiamare il cliente, anche rispetto alle sue indicazioni preferenziali, qualora indicate nel suo profilo, e permettendo soprattutto di configurare la “do not call” list prima di ogni altra valutazione da parte del dialer.
  • Una volta implementate le regole grazie alla tecnologia, si rende tuttavia necessario ottimizzare il processo di creazione e messa in atto delle campagne outbound per riuscire a compensare, e possibilmente migliorare, il gap di performance introdotto dalle nuove restrizioni. A questo scopo sono in genere utili, e in ordine di importanza, strumenti di:
  • Workforce management, in grado di ottimizzare i turni degli agenti sulla base di parametri qualitativi della campagna, come penetration rate e RPC rate delle campagne in corso, e in ambienti blended, e di tenere conto dei picchi di volume delle chiamate inbound e degli altri canali di interazione.
  • Quality management, in grado di registrare le conversazioni e di fornire strumenti di valutazione ad agenti e supervisori, così da evidenziare eventuali necessità di formazione.
  • Speech analytics, tecnologia innovativa che permette di conoscere, attraverso le registrazioni audio delle chiamate, il contenuto delle conversazioni, e in ambito outbound, ad esempio, individuare quale impostazione o script di chiamata ottiene i risultati migliori, per poterla poi implementare su tutte le chiamate.
  • Real-time speech analytics, che permette di riconoscere se un operatore ha seguito correttamente lo script e di correggerlo in tempo reale, ottimizzando così il tempo speso durante la conversazione.
  • Performance management, strumento indispensabile di controllo delle intere operazioni del contact center, permette di capire l’andamento generale delle metriche di business correlate a quelle del contact center, di capire gli impatti degli scostamenti e di eventuali modifiche, e di correlare problemi ad azioni risolutive a breve, medio e lungo termine, fornendo al contempo uno strumento di analisi per supervisori, analisti e manager.

L’outbound quindi, in Italia come all’estero, non adrebbe fatto solo con un buon script e un predictive dialer, bensì utilizzando al meglio ciò che la tecnologia è in grado di offrire oggi, senza dimenticare da un lato di prendere spunto da paesi che hanno implementato restrizioni analoghe a quelle imposte dal Garante già da diversi anni (ad es. OFCOM in Inglhilterra, oppure le Telephone Consumer Protection Act in USA) e con successo, e dall’altro di adeguare alle nuove regole anche il resto dei processi aziendali, offrendo quindi ai consumatori un dialogo coerente attraverso tutti i canali aziendali di comunicazione, e rispettandone la privacy secondo quanto stabilito dalla normativa.

A cura di Paola Annis, Senior Solutions Consultant, Aspect Software