La Nuvola permetterebbe di recuperare l’efficienza persa dal nostro Paese in 10 anni. Le PMI ancora troppo indietro

Le opportunità una volta colte si moltiplicano. E per Italia l’opportunità si chiama Cloud. Cloud inteso come abilitatore e motore del nostro Paese, ma soprattutto Cloud come necessità, come treno in corsa da non lasciarsi scappare, treno che ha ormai superato l’ultima stazione e si sta allontanando. Questo perché siamo ad un punto di non ritorno, in un mondo pieno di trasformazioni. Uno tsunami che sta investendo il concetto di fare business ma anche il modo di relazionarsi come cittadini e persone. Ci sono distruptive tecnologies quali big data, social, mobile e la stampa 3D, che se combinate con il Cloud possono portate ad innovazioni mai viste, dando vita alla terza rivoluzione industriale.

L’Italia è pronta a fare il salto?

Alla luce delle condizioni economiche e sociali del nostro Paese, in Italia non si può parlare di necessità di innovazione ma di un vero e proprio obbligo: la produttività ha subito un calo di 10 punti percentuali in 10 anni, la PA, che sebbene giochi l’importante ruolo di “primo cliente” d’Italia, non supporta la propria filiera e interessanti Benchmark di settore mostrano una situazione poco positiva. Il rapporto Pil e investimenti in ICT è molto basso (siamo 46esimi nel mondo, con il Marocco a guidare la classifica), così come l’indice McKinsey che valuta la digitalizzazione di uno Stato (siamo 26esimi). Tutti elementi che devono far riflettere. Sono notevoli anche i ritardi nella diffusione e velocità di Internet, con l’Italia che si piazza rispettivamente 58esima e 22esima nel mondo. A sorprendere però è il settimo posto ottenuto relativamente alle stime su quanto l’ICT contribuisce allo sviluppo del Paese: significa che, alla luce dei ridotti investimenti, l’ICT conta e conseguentemente che i margini di miglioramento possono essere molto ampi.

Ed è proprio da quest’ultimo elemento che si deve partire e pensare che la tecnologia e soprattutto il Cloud possano essere il vero motore. I vantaggi, confermati da un recente studio del Politecnico di Milano, sarebbero consistenti, a partire innanzitutto da un aumento dell’efficienza della PA.  Da una parte il solo passaggio dal 5 al 30% dell’eprocurement porterebbe ad una riduzione dei costi di acquisto di beni e servizi, con un risparmio di 5 miliardi di euro l’anno; dall’altra una maggior digitalizzazione dei processi della PA, con conseguente superiore produttività nella sanità, scuola, giustizia ecc, farebbe risparmiare 15 miliardi l’anno.

Ottimi riscontri anche per quanto riguarda la piaga dell’evasione fiscale. L’aumento della penetrazione dal 20 al 30% dei pagamenti elettronici consumer ridurrebbe il gravoso fenomeno e permetterebbe di generare maggiori entrate, quantificabili in 5 miliardi di euro l’anno. Inoltre, se tutte le imprese fossero obbligate alla conservazione sostitutiva dei documenti fiscali, aumenterebbe l’efficacia dei controlli dell’Agenzia delle Entrate. Questo si concretizzerebbe con 10 miliardi di euro in più per lo Stato italiano.

Le nuove tecnologie possono inoltre favorire le relazioni tra pubblica amministrazione, imprese e cittadini. La riduzione dei rapporti tra le imprese, caratterizzate da una minor burocrazia, genererebbe 23 miliardi l’anno di recupero di produttività. Mentre il pagamento elettronico ai fornitori della PA diminuirebbe annualmente di 2 miliardi gli oneri finanziari.

La trasformazione digitale creerebbe inoltre un “surplus” di risorse che le imprese potrebbero utilizzare per aumentare i propri investimenti in ICT, beneficiando così di maggiori ritorni economici e minori costi (quantificabili in 6 miliardi di euro l’anno). Anche lo sviluppo dei mercati digitali non sarebbe da sottovalutare: la diffusione dal 2,6 al 10% dell’e-commerce B2C creerebbe un beneficio di 1500 euro a famiglia e complessivamente di 3 miliardi al sistema paese. Infine, destinando 300 milioni di euro in fondi seed per le startup digitali, lo sviluppo di queste realtà avrebbe conseguenze positive sul Pil dell’Italia che crescerebbe annualmente dello 0,2%.

Soltanto il Cloud ci permette di fare il salto verso il futuro. – ha spiegato Mariano Corso, professore del Politecnico di Milano in occasione dell’evento Oracle “A modern cloud for a modern business”, svoltosi ieri a Milano – La nuvola consente di colmare il GAP tecnologico maturato dall’Italia in questi ultimi dieci anni. Questo perchè la tecnologia in cloud garantisce maggiore flessibilità e scalabilità per lo sviluppo, crea nuove opportunità per imprese e cittadini, permette di offrire flessibilità e di ridurre costi ed inefficienze dei sistemi attuali”.

Le imprese, soprattutto quelle più grandi che operano nel nostro Paese, sembrano averlo capito. Nel 2014 il Cloud (inteso come Public Cloud e Cloud Enabling Infrastructure) ha raggiunto un giro d’affari di 1180 milioni di euro, rispetto ai 901 milioni del 2013. In ritardo però le PMI ferme al 7% del valore totale del mercato Cloud italiano. Sarà proprio la massiccia introduzione delle nuove tecnologie in queste organizzazioni, di cui il nostro Paese è molto ricco, a determinare il cambio di marcia.