Il Rapporto Assinform 2014 evidenzia un mercato digitale in profonda crisi:-4,4%. Aumenta il divario con l’Europa e l’Italia investe ogni anno 25 miliardi in meno rispetto alla media del vecchio continente.

Innovazione tecnologica

Il mercato digitale in Italia evidenzia per il 2013 un netto calo: -4,4%, che ridimensiona così a 65,2 miliardi di Euro il giro d’affari legato al mondo IT. Dato molto preoccupante se si considera che l’andamento decrescente che caratterizza il nostro Paese da diversi anni, anzichè ridursi, si è invece accentuato: tra il 2009 e il 2012, infatti, il calo annuo è stato “soltanto” dell’1,8%. Nel 2013 ad aver sofferto maggiormente sono stati i servizi di rete TLC (-10,2%) e i servizi ICT (-2,7). In controtendenza invece i contenuti e pubblicità digitali (+5,6%), ma anche i software e le soluzioni ICT (+2,7%).

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Oltre agli scarsi risultati conseguiti a livello nazionale, il Gap con gli altri stati europei sta crescendo sempre più, soprattutto se paragonato con i trend tecnologici internazionali. L’ICT mondiale ha continuato infatti a crescere alla media annua del 3,8%, spinto dalla ripresa degli investimenti nell’area nordamericana (+3,5%), Asia Pacifico (+6,6%) e America Latina (+5,8%). Il mercato digitale italiano appare purtroppo in affanno anche rispetto a quello europeo, che pure ha registrato una decrescita dello  -0,9% di media.

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Ma il dato più significativo lo offre il  peso raggiunto dagli investimenti ICT rispetto al Pil che nel nostro Paese si attesta al 4,8% a fronte di una media Ue28 già al 6,5%. Peso che per la Germania sale a 6,8%, per la Francia a 7,0%, mentre per il  Regno Unito vola al 9,6. Servirebbero quindi 25 miliardi di euro all’anno di investimenti ICT per portare l’Italia in linea con la media europea.

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Abbiamo un gap significativo rispetto all’Europa in termini di tecnologia, innovazione, competitività e quindi di produttività – ha sottolineato Elio Catania, ex Presidente di Assinform, dimessosi ieri per assumere l’incarico di Presidente di Confindustria Digitale – Questo circolo contribuisce alla mancata crescita dell’Italia. Proprio in un momento di crisi come quello che stiamo vivendo, in cui l’economia sta facendo molta fatica, la leva tecnologica dovrebbe rappresentare un elemento di traino e ci vorrebbe una reazione da parte di imprese, governo e pubblica amministrazione, spinta che finora non si è vista. Si nota invece che la crisi economica ha provocato una naturale riduzione degli investimenti da parte delle aziende nostrane, la cui scure però non ha risparmiato lo sviluppo delle nuove tecnologie”.

Questo preoccupa perché esiste un legame diretto tra investimenti ICT, produttività e crescita del PIL. Negli Usa si osserva infatti che il 50% della crescita del prodotto interno lordo è riconducibile agli investimenti tecnologici, dato che si riduce al 30-35% per l’Europa, e scende al 20% per l’Italia. Pertanto, la mancanza di investimenti in ICT nel nostro Paese è la causa della maggior contrazione della produttività e del PIL rispetto a quanto avviene negli Stati Uniti o negli altri Paesi Europei.
Manca la consapevolezza dei benefici. Probabilmente, infatti, la leva tecnologica, sebbene sia fondamentale per lo sviluppo del Paese, non rappresenta ancora un tema ritenuto prioritario dalle leadership pubbliche e private dell’Italia.

Il governo si è impegnato nel campo dell innovazione, è stata finalmente messa a punto l’Agenda Digitale, soprattutto però lato governance e normative – ha dichiarato Elio Catania – E’ però giunto il momento di concretizzare. Si deve passare dalla teoria alla pratica, dalle parole ai collaudi, dalle idee ai fatti. C’è in gioco la trasformazione del Paese, il nostro futuro.”

Non tutto è perduto. Esistono infatti eccellenze italiane nell’uso delle tecnologie digitali (sia nel pubblico che nel privato) da non dimenticare. Si tratta di realtà che si sono aperte completamente all’innovazione e che, grazie ad essa, sono riuscite a beneficiare di numerosi benefici e ottenere un vantaggio competitivo nei confronti di chi invece ha scelto la tradizione o non ha voluto aprire gli occhi.

Le imprese devono avere un leader crede nell’IT – ha aggiunto con fermezza Elio Catania – Siamo infatti di fronte a una trasformazione epocale: le nuove tecnologie rispetto a quelle precedenti pongono il leader davanti a trasformazioni profonde nei processi di lavoro, organizzativi e di business, per cui è naturale che ci siano delle resistenze e dei vincoli. Se però ci fosse una mobilitazione generale della leadership del Paese rispetto al fatto che la trasformazione digitale sia cruciale per dare sviluppo e occupazione, allora la situazione potrebbe cambiare.”

Ad favorire il cambiamento e fornire una significativa spinta è però la “naturale” digitalizzazione delle famiglie italiane: cresce infatti l’adozione delle tecnologie mobili (boom di tablet e smartphone), aumentano gli accessi di banda larga sia fissa che mobile e anche alcuni servizi come l’e-commerce. Le imprese, dal canto loro, presentano una maggiore adozione del cloud rispetto all’anno scorso e nel 2013 diverse organizzazioni hanno investito soprattutto in Business Intelligence, digitalizzazione e sicurezza. Certo è ancora poco ma ì da questi fattori che si deve ripartire, cambiare mentalità e recuperare velocemente il divario con l’Europa.

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