C’è anche la competenza dell’Italia nelle tecnologia che permette all’FBI di “spiare” i cittadini tramite smartphone

La notizia è di quelle da brividi, tale da provocare sgomento, quasi imbarazzo: la nostra vita privata, già minata negli ultimi anni dai social network e quant’altro (per scelta nostra, intendiamoci), sembra aver raggiunto l’epilogo.
Fonte il Wall Street Journal. Da quanto emerso dalle inchieste seguite al datagate dell’ NSA, l’FBI parrebbe essere in grado di controllare da remoto smartphone e notebook Android, riuscendo ad attivare microfoni e fotocamere. Questo “grazie” ad un malware capace di installarsi sui nostri dispositivi semplicemente tramite link ed allegati inviati per mail, i quali, una volta aperti, rendono l’apparecchio una vera e propria “cimice”.
A tal fine sembra sia stato costituito un reparto, nell’agenzia investigativa americana, finalizzato a raccogliere informazioni sui cittadini. A dire dell’FBI le indagini riguardano esclusivamente quanti risultano essere indagati per pornografia infantile, terrorismo o crimine organizzato. Facile nutrire dubbi sull’esclusività di tali indagini. Da qui la paura per una privacy che sembra vicina ad un annientamento.
Il nazionalismo che c’è in noi verrà sicuramente gratificato dal fatto che il nostro Paese, come da consuetudine in queste occasioni, abbia dato appoggio al movimento di spionaggio con l’impresa milanese Hacking Team, esperta in software di questo tipo.
Insomma, hacker nostrani, sembra che per voi ci siano posti di lavoro in un’epoca segnata dalla disoccupazione. Poco importa se fino ad oggi proprio la figura del “pirata informatico” venisse perseguitata a livello giuridico. Come ha poco rilievo il fatto che anche un organismo di polizia dovrebbe essere in possesso di un regolare mandato del tribunale per svolgere attività di vigilanza al fine di ottenere dati sensibili del cittadino.
L’importante è che, evidentemente, le nostre vite siano talmente piene ed intriganti da meritare di essere spiate.