L’utilizzo di sistemi automatici per il call center avrebbe potuto garantire un buon livello di customer experience

Contact center aziendali: come hanno reagito al Covid?

Spitch AG ha condotto uno studio a livello italiano per capire come è cambiato il rapporto tra i consumatori e i contact center aziendali nel picco dell’emergenza COVID-19, ed è in corso un’analoga indagine nei principali Paesi europei. Mai come nei mesi scorsi, le divisioni customer care sono state, infatti, bombardate da contatti e richieste, per esempio in relazione all’annullamento di servizi, visite e appuntamenti (pensiamo a settori come il travel o l’entartainment ma anche la sanità, le banche, le assicurazioni…). Ma in che modo le varie realtà hanno saputo farvi fronte garantendo un buon livello di customer experience? Di seguito uno spaccato dei dati relativi all’Italia.

Anche durante il pieno della pandemia, Internet si è confermato il primo canale scelto dai consumatori in caso di necessità di assistenza da parte di un’azienda: infatti, il 51% del campione ha preferito come prima cosa navigare per cercare soluzioni, segue il telefonare al contact center (30%). Salgono poi le chat vocali o di testo (9,5%), al pari delle care vecchie e-mail che perdono terreno, forse a causa della mancata immediatezza.

Quando si sono rivolti ai contact center, gli utenti hanno dovuto fare i conti con i picchi di chiamate in entrata legati al periodo dell’emergenza. Infatti, ben il 28% del campione ha avuto un’esperienza deludente, a cui si aggiunge il 56% che si è detto solo parzialmente soddisfatto, intuendo che l’azienda stesse avendo problemi legati alla grande quantita di chiamate. Solo il restante 16% dichiara di aver avuto un’experience totalmente positiva. Tra i principali problemi riscontrati dalle persone intervistate, spiccano code e tempi d’attesa lunghissimi (57%), l’aver dovuto richiamare parecchie volte (35%) e il fatto di aver ricevuto dall’operator, risposte sbagliate, confuse o incomplete (30%).

L’aspetto positivo è che i consumatori si sono rivelati, in questa occasione, comprensivi nei confronti dei brand, alle prese con un evento nuovo e inaspettato. Infatti, per oltre il 63% del campione queste esperienze negative non hanno cambiato l’opinione sull’azienda in questione – anche se poco meno della metà di questi non esclude che – se perdurassero disservizi di questo tipo – si potrebbe pensare a rivolgersi a un’azienda concorrente. Da non sottovalutare, però, la percentuale di quasi il 30% di coloro che non hanno apprezzato il trattamento e hanno perso fiducia nei brand; solo il 7% dei clienti, infatti, non ha visto la propria lealtà verso il brand minimamente intaccata dalla situazione.

Le difficoltà riscontrate, sono ovviamente fisiologiche nel contesto di emergenza. Per il futuro, un aiuto importante per la gestione dei picchi di chiamate potrebbe arrivare dai sistemi automatici di risposta IVR, i cosiddetti “call centre robot” – che lentamente stanno diventando sempre più utilizzati. Al 44% del campione è capitato di interagire con questo tipo di tecnologie: tra questi quasi la totalità ha avuto un livello di servizio soddisfacente. Similarmente, durante l’emergenza COVID, il 41% degli interpellati ha avuto modo di comunicare (almeno una volta) con un contact centre utilizzando esclusivamente sistemi automatici di self service o un bot vocale.

Per gli utenti, gli aspetti più importanti che l’interazione con un sistema automatizzato dovrebbe garantire sono: l’eliminazione di code e tempi d’attesa (69%) e puntualità e precisione delle risposte (59%). Il principale scoglio da superare resta invece l’idea che una macchina non possa capire perfettamente quello che le viene detto: per il 76% del campione andrebbe migliorata la comprensione delle richieste e per il 70% è essenziale potersi sempre rivolgere a un operatore umano quando le cose si complicano.

“Nel pieno dell’emergenza, i contact centre sono stati sottoposti a una pressione mai provata prima: i consumatori si sono rivelati, per lo meno in parte, comprensivi ma, per il futuro, non sembrano disposti a tollerare disservizi e peggioramenti nel livello di costumer service commenta Piergiorgio Vittori, Country Manager di Spitch Italy. xIn questo scenario, i sistemi automatici basati su intelligenza artificiale e machine learning possono giocare un ruolo fondamentale: i dati ci confermano che sono generalmente apprezzati dagli utenti, poichè garantiscono l’eliminazione dei tempi di attesa, svolgendo una funzione da filtro per le richieste più ripetive. Nei casi più complessi resta e resterà sempre necessario l’intervento dell’operatore umano”.