Le monete virtuali nascondono dubbi di stabilità e sicurezza. Attenzione a Namecoin, il clone “cattivo” di Bitcoin!

Moneta virtuale

I ricercatori Trend Micro hanno appena presentato un nuovo studio volto a fare il punto sull’evoluzione delle monete virtuali e il forte legame che persiste con il mondo del cybercrime e i marketplace nascosti.

Sebbene Bitcoin (la moneta virtuale più nota) negli ultimi mesi stia riscuotendo molti successi in tutto il mondo, i dubbi sull’instabilità di queste valute e sui rischi in termini di sicurezza restano aperti. L’utilizzo dei Bitcoin in Cina cresce esponenzialmente e in USA il Congresso discute addirittura la possibilità di renderla una moneta virtuale ufficiale. I bitcoin permettono di acquistare beni e servizi reali in tutto il mondo, assicurando la validità delle transazioni con un complicato sistema di crittografia e trasferendo il denaro virtuale attraverso la tecnologia peer-to-peer.

La crypto-valuta desta però ancora delle preoccupazioni, proprio per le sue caratteristiche e distribuzione. Come dichiara la stessa FBI, “Bitcoin rimane tipicamente suscettibile di trasferimenti di soldi illeciti anche attraverso l’impiego di malware e botnet“.

Il boom delle imitazioni, che fanno ormai parlare apertamente di “criptomania”, conferma ancora una volta la portata dei rischi. Le cripto-valute attualmente sono circa 80: dalla più antica, Litecoin, nata appena due anni dopo Bitcoin e che oggi rappresenta per diffusione la seconda valuta virtuale nel mondo, fino ai nuovi “cloni” scoperti quest’anno, come Gridcoin, Fireflycoin, Zeuscoin che si aggiungono ai pre-esistenti Worldcoin, Namecoin, Hobonickels.

In questo variegato universo, Trend Micro sceglie di mettere sotto i riflettori la valuta virtuale Namecoin e i domini .bit, ideati sfruttando la rete peer-to-peer. La particolarità dei domini .bit è che sono poco costosi, privati e completamente non rintracciabili. Oltre ad essere fuori dal controllo dell’ICANN: caratteristiche molto apprezzate negli ambienti cyber criminali.

Il timore per l’eventuale riuscita di Namecoin risiede nel fatto che sfrutta lo stesso meccanismo che ha trasformato Bitcoin in un successo: anche Namecoin è incentrato su un database collettivo decentralizzato che viene promosso attraverso ogni transizione e ogni utente ha completo accesso a tutti i domini che sono stati acquistati o modificati. Gli utenti hanno un portafoglio che contiene Namecoin, creati attraverso un processo di “coniatura” simile a quello di Bitcoin e ogni transazione è registrata in un log denominato “block chain”.

Al 9 Novembre, erano stati coniati 144.830 blocchi di Namecoin ed eseguite 2.537.344 transazioni. Un numero ben lontano dai 26 milioni di transazioni effettuate attraverso Bitcoin, ma che non va sottovalutato. Per le loro caratteristiche di anonimato, non rintracciabilità e basso costo i domini .bit possono infatti essere utilizzati come punto di partenza per nuovi attacchi malware. Server DNS Namecoin sono già stati rintracciati in Francia, Olanda e Germania.