Gli intervistati nell’ambito della ricerca di Michael Page hanno individuato tre elementi chiave: ampliamento della forza lavoro, formazione e nuove tecnologie

Digital Fever

Michael Page presenta la ricerca Digital Fever, realizzata intervistando 118 professionisti di digital marketing C Level. La domanda: Come i dipartimenti digital marketing di PMI e Big Company italiane stanno distribuendo la pianificazione degli investimenti per i prossimi 12 mesi?. Gli intervistati hanno contribuito all’individuazione di tre elementi chiave: ampliamento della forza lavoro, investimenti in formazione ed introduzione di nuove tecnologie.

Ciò che emerge dalla ricerca è che Big Company e PMI investono a supporto sia delle tecnologie che delle persone per trovare un mix perfetto che preveda investimenti in tecnologie e nuovi software (30%), nuove assunzioni (33%) e formazione (37%). Analizzando da vicino le strategie emergono però strade diverse che differenziano grandi e piccole imprese: dallo studio risulta infatti che il 35% delle PMI è focalizzato su strumenti più diretti come il sito internet aziendale e la gestione dei social media, mentre il 34% delle Big Company utilizza il digitale come lead generation ed operation. L’aumento della visibilità nel web ranking è la priorità del 62% di piccole e medie imprese, un dato che scende al 29% quando si parla di Big Company.

“L’impiego nel digitale è direttamente collegato alle differenti necessità di PMI e Big Company. Infatti, i dati evidenziano come, sebbene il rapido raggiungimento del ROI sia obiettivo comune di tutte le aziende, le PMI impostano le proprie strategie mirando all’aumento della visibilità in termini reali, dove più pubblico significa più vendite. Le Big Company invece, già in possesso di un bacino importante di clienti e informazioni, sentono l’esigenza di impostare strategie in modo più organizzato e guidato dai dati”, commenta Andrea Policardi, Executive Manager di Michael Page.

In questo scenario, mentre le aree che si occupano di CRM e/o le piattaforme proprietarie customizzate sono già state implementate, strumenti di marketing automation, nuove frontiere dell’advertising e tool di gestione ed utilizzo di content marketing rappresentano le priorità di implementazione che le aziende si pongono per i prossimi 12 mesi.

Emergono inoltre altri spazi ancora poco esplorati in cui le aziende possono intervenire per creare un Unique Selling Proposition vincente. Le nuove tecnologie e il cambiamento delle abitudini d’acquisto sono infatti fattori che stanno reinventando il customer journey dei consumatori, ma solo il 7% delle aziende intervistate sta migliorando il proprio e-customer care attraverso l’introduzione di chatbot. Ampio spazio di crescita si trova anche nell’esperienza degli utenti sui canali ufficiali, dove, nonostante la richiesta del mercato sia sempre più chiara nell’avere facilità d’accesso ed immediatezza nel compiere acquisti online, solo poco più del 14% delle aziende sta investendo in assunzioni, formazione o implementazione di strumenti dedicati.

In questa fase di cambiamento rimane quindi centrale il ruolo del personale, il quale deve possedere le skill necessarie per restare al passo coi tempi. Il tempo è una variabile fondamentale nella misurazione del ROI e se la formazione occupa una parte considerevole delle strategie aziendali, ricerca, acquisizione e retention dei talenti saranno temi che creeranno vantaggio competitivo: competenze commerciali (36% PMI vs 29% Big Company), linguaggi di programmazione (24% PMI vs 26% Big Company), pianificazione dei media (15% PMI vs 14% Big Company) e piattaforme advertising/bidding panel experience (12% PMI vs 10% Big Company) sono le hard skills maggiormente ricercate.

“Dagli insight raccolti da questa analisi si evince un ruolo centrale delle persone e della tecnologia, strumento che dovremmo essere sempre più in grado di governare. Risulta evidente che, insieme ai diversi scenari di innovazione tecnologica che il mercato sta disegnando, ancora oggi è proprio nei talenti che riconosciamo il nostro vero vantaggio competitivo”, conclude Andrea Policardi.