Il 48 percento delle aziende ha investito in big data nel 2016. Tuttavia, questo numero è in calo del 6% rispetto all’anno precedente

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A cura di Vincenzo Costantino, EMEA South Technical Services Director, Commvault 

Ogni anno si sentono resoconti esilaranti e avveniristici della settimana del CES, con la presentazione di nuovi e incredibili gadget. Fino a pochi anni fa avremmo pensato che tali prodotti potevano esistere solo nell’immaginazione di uno scrittore di libri di fantascienza. E anche quest’anno è stato così con la realtà virtuale, l’Internet of Things (IoT) e i wearable a farla da padroni e a dominare la scena. Ma con tutto il clamore legato all’auto connessa e al futuro di Amazon Alexa, dovremmo chiederci, “che cosa faremo di tutti i dati generati da questi nuovi dispositivi?”

L’esplosione dei dati non è una novità, ma continua a rappresentare una sfida per le aziende. In un recente studio, Gartner ha evidenziato che il 48 percento delle aziende intervistate ha investito in big data nel 2016. Tuttavia, questo numero è in calo del 6% rispetto all’anno precedente (31 percento nel 2015 e 25 percento nel 2016). Una possibile spiegazione di questo calo è che, nonostante le imprese si rendano conto che i dati raccolti e utilizzati continueranno ad aumentare, non sono certe degli strumenti di big data che permetteranno loro di sfruttarli per incrementare il loro vantaggio competitivo.

Tuttavia, in molti casi il problema vero non è la mancanza di tool, ma l’incapacità delle aziende di controllare e gestire la quantità di dati prodotti. A meno che non dispongano di una piattaforma che permetta loro di proteggere e gestire tutti i dati – indipendentemente dalla tipologia e dal luogo in cui risiedono – saranno limitati nei loro sforzi di analizzarli e non saranno in grado di sfruttarli a vantaggio di clienti, partner e dipendenti.

Tutti questi dati portano con sé grandi responsabilità, poiché decisioni e attività quotidiane dipendono da essi. Il modo in cui le organizzazioni decidono di proteggere e gestire i dati che raccolgono da device quali veicoli autonomi, fitness monitor e altri è un’indicazione del successo che avranno oggi e in futuro. Nel 2016 abbiamo visto molte imprese nei settori consumer, trasporti, finanziario e altri finire nel mirino dopo che i loro dati sono stati compromessi o resi inaccessibili (per via di attacchi ransomware, malfunzionamenti, ecc.). Se un’azienda vuole conservare tutti questi dati deve avere processi ben delineati per la loro gestione, backup, ripristino e archiviazione. Come già detto, questi processi non solo consentiranno loro di disporre di maggiori informazioni ma garantiranno che, in caso di problemi, l’impresa potrà continuare a operare.

Non c’è dubbio che la raccolta di dati continuerà ad accelerare, offrendo alle aziende la possibilità di avere maggiore visibilità sui comportamenti e le preferenze dei propri clienti. Le realtà che si preoccuperanno di proteggere e gestire al meglio questi dati saranno quelle meglio posizionate per mantenere il vantaggio sulla concorrenza.