Anche per un professionista dell’Ict è difficile fronteggiare la mancanza di risposte da parte degli operatori di telecomunicazione. Da qui il consiglio di adottare una linea di backup wireless

Qualità di vita digitale: Italia ventesima al mondo

A cura di Nadir Milani, titolare dello studio di ingegneria 3OGRES di Lecco e membro della Commissione Informazione Ordine degli Ingegneri di Lecco

 

Eccoci di nuovo alle prese con i problemi dei provider. Sui social network, se si ha un po’ di gusto per il masochismo, si possono trovare esperienze negative per tutti i gusti e per tutti i provider: sia quelli più noti sia quelli che nemmeno si sapeva esistessero.

Ma il proprio pensiero (umano, ovviamente) è sempre quello: perché deve succedere a me? In fondo mi è sempre andato tutto bene, squadra che vince non si cambia…

Così ci ritroviamo a tirare le somme e valutare la bontà del gestore nel campo dove c’è più bisogno: l’assistenza.

Si sa che, nel mondo ICT, la qualità sta nel servizio e non nel prodotto: molti “non addetti ai lavori” sono sempre soliti esclamare: “beato te che lavori nell’informatica, così giochi tutto il giorno” oppure “voi nell’informatica cosa fate? Niente!”.

La risposta che viene è quella di un mio vecchio conoscente che lavorava all’allora SIP: “quando alzi la cornetta senti il segnale? Si? Allora vuol dire che sto facendo bene il mio lavoro!”

Eh si, il lavoro nell’ICT non è fatto di risultati evidenti, ma di cose che funzionano senza tanti proclami.

Però, se non funzionano, l’effetto è disastroso.

Ed ecco un (breve) riassunto di ciò che, nella mia esperienza professionale, mi è capitato negli ultimi due anni.

Sono sempre stato tradizionalista riguardo le linee telefoniche e dati (applicando la regola di cui sopra) e quindi non abbiamo mai cambiato provider (nazionale, tanto per non fare nomi) nel corso degli anni. Il tutto nonostante ci fossero stati dei piccoli problemi (ad esempio l’addebito di tariffe legate ad un piano tariffario mai sottoscritto). Senonché, dopo anni di fiducia reciproca, il provider decide “unilateralmente” di bloccare la linea: telefono e ADSL.

La motivazione? Il provider sostiene che ci siano degli insoluti. Quindi cosa fa? Stacca la linea di venerdì, così da poter arrecare il maggior danno possibile non rendendo disponibile una soluzione nei weekend perché “si tratta di un problema amministrativo e gli uffici amministrativi sono chiusi il sabato e la domenica”.

Non capendo quali siano questi problemi, il lunedì successivo contatto gli “uffici amministrativi”, scoprendo che dal “sistema” (quello che quando hai bisogno, per qualche motivo, o è indisponibile o lo stanno aggiornando), risultano due bollette insolute. Peccato che le stesse siano state regolarmente pagate e che ci siano i codici di transazione generati dal loro stesso sito (eh si, pagate online con carda di credito)!

A nulla sono valsi fax, PEC, messaggi e telefonate. Per il “sistema” le fatture erano insolute (se lo dice il sistema…).

In ogni caso, bontà loro, la linea ritorna il lunedì pomeriggio successivo e, nel frattempo, arriva la classica “proposta aggressiva” della concorrenza. Delusi e innervositi da quanto successo, decidiamo di accettare la proposta aggressiva e passiamo ad altro operatore.

L’operatore si dimostra “operativo”: cambio telefono e ADSL in tempi brevi e nel momento concordato. Tariffa fissa senza sorprese di extra. Siamo soddisfatti.

Nel mentre il vecchio operatore, convinto della nostra insolvenza dal suo HAL 9000[1], decide di mandare avanti le cartelle avvalendosi di un’agenzia di riscossione crediti. Anche qui parte una lunga epopea epistolare fatta di fax, PEC… la cui (ovvia) conclusione risulta essere un debito dell’operatore nei nostri confronti, anche se quest’ultimo sostiene di aver già provveduto al rimborso (a tutt’oggi mai saldato).

L’arrivo della fibra

Dalla migrazione al nuovo operatore passano due anni e arriva la fibra (FTTC per gli addetti ai lavori). Chiamiamo subito l’operatore e chiediamo la migrazione: ci viene detto che non è possibile, perché “non sono sicuri che funzioni”…. Insomma, la tirano per le lunghe ma, dopo 6 mesi (!!!) dalla richiesta, la migrazione si concretizza.

Anche in questo caso tanto di cappello: l’operazione va a buon fine, arriva il modem, la migrazione è fatta nei tempi dichiarati, tutto pare funzionare e la fibra viaggia ad alta velocità, con un picco di 80/20.

Il 29 novembre dello scorso anno, però, si verifica attacco informatico che mette a terra mezza Germania e si diffonde nel resto del mondo. La causa? Una falla nei firmware di una nota marca di router, che lascia aperta una porta specifica vulnerabile all’attacco.

Nelle stesse ore si blocca anche la fibra da noi. Un evento apparentemente non collegabile, in quanto il router non è della marca “incriminata” e la porta oggetto di attacco non è aperta in quanto abbiamo installato un firewall aggiornato a difesa dei nostri sistemi. Forti dell’esperienza professionale, verifichiamo l’assenza di problemi interni. I servizi però sono operativi, il firewall funziona, la portante c’è, ma il router segnala di non potersi “connettere al concentratore”.

Da qui una richiesta di assistenza al servizio di assistenza tecnica che, per 30 minuti, non fornisce nessuna risposta. Un fatto ancora più grave se consideriamo che, vista l’assenza del servizio VoIP, la telefonata deve essere effettuata da cellulare e, quindi, a pagamento.

Nemmeno l’assistenza online è operativa. Ma un messaggio invita a scaricare l’apposita APP di assistenza. Ma, anche in questo caso, vengono fornite solo indicazioni generiche e prive di utilità.

Così cancellano i post

Esasperati dalla situazione, ormai sono trascorsi due giorni, postiamo una serie di notizie su Facebook, nella speranza di ottenere risposte. Gli stessi post, nel frattempo, vengono ripresi e condivisi dai nostri contatti, con l’obiettivo di dare maggior rilievo alla situazione. L’unica reazione del provider è quella di cancellare i post dalla propria pagina istituzionale, ma anche da quelle di quanti hanno condiviso gli stessi messaggi.

A questo punto inviamo una comunicazione formale e ventiliamo la risoluzione contrattuale per inadempimento (i tempi previsti per la risoluzione sono 4 giorni lavorativi), oltre alla volontà di segnalare il fatto al CORECONS per l’addebito di danni da quantificare.

Avviene così che proprio al quarto giorno la linea torna funzionante e sembra stabile, anche se a fronte di un decadimento delle prestazioni di download.

Una simile situazione ha comportato un notevole disagio alla nostra attività e, malgrado le competenze specifiche, non abbiamo potuto in alcun modo ridurre i tempi di ripristino. A fronte di questa situazione e delusi dal comportamento del provider, la scelta più scontata è quella di identificare un nuovo fornitore del servizio. In realtà situazioni analoghe sono sempre più frequenti e, per prevenire ulteriori rischi, abbiamo deciso di sottoscrivere anche un abbonamento con un operatore in grado di fornire connessione wireless da utilizzare come backup. Un scelta che, a fronte di un costo limitato, garantisce la possibilità di ridurre al minimo i rischi di interruzione della connettività, oggi sempre più importante per qualunque attività lavorativa.

nadir2

[1]
https://it.wikipedia.org/wiki/HAL_9000