Il lavoro agile porta benefici ma anche problemi per i dati aziendali. Cosa fanno le aziende al riguardo?

smart working

Maggiore efficienza, flessibilità e produttività sono i benefici che imprese e lavoratori stanno percependo grazie all’adozione del lavoro agile. Lo smart working sta infatti diventando sempre di più una realtà nel nostro Paese, tanto che quasi il 50% delle grandi aziende in Italia lo sta già sperimentando. I cambiamenti che porta con sé sono diversi, di tipo culturale, pratico, ma soprattutto legati al cambio di mentalità: non è più importante quante ore i dipendenti passano in azienda, ma i risultati che questi ultimi raggiungono. Secondo una recente ricerca Citrix il 64% degli intervistati italiani è convinto di incrementare la propria produttività, così come il 68% di migliorare il proprio rapporto vita/lavoro, tanto che il 70% di essi sarebbe disposto a lavorare anche 5 ore in più a settimana in cambio di maggiore flessibilità. Insomma un ottimo incentivo che però presenta un aspetto critico da non sottovalutare: la sicurezza.

Con la crescita del BYOD si osserva infatti che l’84%degli smartphone utilizzati per il lavoro siano di proprietà dei dipendenti con conseguenti problemi in termini di protezione delle informazioni aziendali.  Non a caso, come evidenzia il Rapporto Clusit 2016, le minacce informatiche sono diventate sempre più mirate grazie a cybercriminali organizzati in vere e proprie aziende del male. E purtroppo i risultati si vedono: negli ultimi 36 mesi le perdite economiche derivanti dalle violazioni informatiche sono quadruplicate, tanto da crescere più velocemente del numero di attacchi effettuati. Se da una parte il cybercime cresce di potenza, dall’altra diventano sempre più vasti i confini che le aziende devono difendere: oltre che il perimetro fisico, l’aumento della collaborazione all’interno delle organizzazioni ha peggiorato la situazione, così come il crescente numero di device utilizzati richiede restrittive policy di sicurezza. Ancora più grave sarà quando l’Internet of Things avrà invaso il mondo: entro il 2020 si prevede che verranno utilizzati oltre 50 miliardi di dispositivi intelligenti.

La consapevolezza di questa problematica è ormai ben nota così come diffuso il senso di insicurezza: il 73% di coloro che usano device mobili e app è convinto di essere maggiormente vulnerabile rispetto a quando non utilizzava questi strumenti. E il rischio è dietro l’angolo: l’81% teme che i propri dati possano essere violati in qualsiasi momento.

Nonostante ciò le contromisure sono poche: secondo il 70% degli intervistati la principale strategia messa in atto per proteggere i dati sensibili e file è quella di evitare di condividerli. Poco e male l’utilizzo di password e software di sicurezza:

  • il 36% cambia frequentemente la propria password
  • il 33% utilizza password anche per proteggere i singoli documenti
  • il 32% protegge con una password la rete Wi-fi
  • il 35% utilizza software di sicurezza aggiornati e il 30% si affida a dispositivi esterni per archiviare i dati.

Si tratta quindi di percentuali piuttosto basse considerando che il 70% dei dipendenti italiani percepisca più traumatica la perdita di dati e informazioni all’interno dei propri device piuttosto che il furto del portafoglio. C’è però un dato positivo: solo il 4% dei rispondenti non utilizza alcuna strategia per proteggere i propri dati personali.

In ambito aziendale invece, i rispondenti si affidano in egual misura (43%) all’utilizzo di dispositivi esterni per l’archiviazione dei file e alla protezione dei documenti con una password mentre è leggermente inferiore il numero di coloro che utilizzano software di sicurezza approvati dall’azienda (37%). C’è chi fa di peggio: il 14% non mette in sicurezza i file aziendali.

La sfida maggiore a cui i dipartimenti IT devono oggi fare fronte consiste nel concedere alla persone la flessibilità di cui hanno bisogno per migliorare la produttività aziendale, garantendo allo stesso tempo la sicurezza e la conformità richieste dalle aziende. – ha dichiarato Benjamin Jolivet, Country manager di Citrix Italia, Southeastern Europe e Israele. – Sebbene le tecnologie quali i firewall, gli anti-virus, il controllo degli accessi e il monitoraggio perimetrale restino elementi importanti, esse vengono tuttavia sempre più facilmente superate, in quanto gli hacker oggigiorno prendono di mira direttamente le applicazioni, i dati e i dispositivi. Ciò di cui si ha bisogno è un nuovo strato di sicurezza che renda più efficace la gestione dei rischi. La virtualizzazione dei desktop fornisce quello strato aggiuntivo di sicurezza che offre alle organizzazioni la piena libertà di adottare le iniziative aziendali quali la mobility, il lavoro flessibile e il BYOD, e di far lavorare le persone in qualsiasi luogo e momento sia necessario. Allo stesso tempo, la virtualizzazione desktop, affiancata da una condivisione di file sicura e dalla gestione della enterprise mobility, aiuta a rafforzare la sicurezza delle informazioni e la conformità per le applicazioni, i dati e i dispositivi a supporto delle priorità aziendali e IT.