Mancanza di competenze, resistenze del personale e processi di back office non formalizzati i freni allo sviluppo. E l’assenza di software gestionali frena la diffusione e lo strumento più utilizzato dai cittadini resta ancora il bollettino postale

Servizi digitali della PA: tre webinar sulla sicurezza

Presentati i risultati della Ricerca dell’Osservatorio eGovernment del Politecnico di Milano tenutasi a Roma durante convegno “Dall’Italia all’Europa, confrontarsi per migliorare”, organizzato in collaborazione con la Scuola Nazionale dell’Amministrazione. L’Osservatorio ha studiato il processo di semplificazione e digitalizzazione della Pubblica Amministrazione italiana attraverso 11 survey su 7 aree tematiche (gestione e governance dell’innovazione, open data, pagamenti digitali, scuola digitale, SUAP, Gestione associata delle funzioni, acquisti), coinvolgendo oltre 2.200 Comuni e altre 350 Pubbliche Amministrazioni tra Regioni, Istituti scolastici e enti sovraordinati, svolgendo 5 indagini telefoniche e Web a Cittadini e imprese.

Nel 2015 circa metà degli enti della Pubblica Amministrazione italiana ha sviluppato progetti di eGovernment e rispetto all’anno procedente è migliorata la capacità delle iniziative di innovazione di raggiungere i risultati desiderati (+65%) e di mantenerli nel tempo (+20%). È raddoppiato il numero dei Comuni che ha adottato una soluzione a riuso (dal 16,6% al 33,7%), crescono del 35% gli enti con un referente politico per i progetti di innovazione e dell’85% quelli con un’area organizzativa dedicata (pur rimanendo su valori ancora limitati). Migliora la capacità della Pubblica Amministrazione di gestire l’innovazione, anche se il successo delle iniziative è ancora condizionato dalle resistenze al cambiamento del personale e dalla scarsa formalizzazione dei processi di back office, requisito fondamentale alla digitalizzazione.

Un esempio è il caso di PagoPA, chiamato a risolvere il problema della digitalizzazione dei pagamenti alla Pubblica Amministrazione a cui a gennaio 2016 avevano aderito già più di 13.000 enti, ma l’assenza di software gestionali rischia di costituire un freno alla diffusione. Negli acquisti della PA, invece, manca ancora un processo strategico e continuativo: nel 54% dei casi la programmazione dei fabbisogni d’acquisto è su base annuale e solo in un ente su cinque l’attività è supportata da un gestionale informativo, mentre le piattaforme di eProcurement sono utilizzate al meglio solo dagli enti più organizzati. L’81% degli Sportelli Uniti delle Attività Produttive ha almeno un canale telematico per l’avvio dei procedimenti, ma persistono molte differenze tra le Regioni. E seppure il 63% dei procedimenti degli Sportelli è avviato in modalità telematica, ancora il 15% delle pratiche è in formato cartaceo o privo di certificazione. Per l’attuazione degli Open Data, invece, i dati disponibili nella PA sono ancora scarsi, non di alta qualità e di gestione non strutturata: il 41% dei comuni italiani afferma di pubblicare Open Data, ma la maggioranza non identifica mansioni, ruoli, responsabilità, non individua un referente e non coinvolge gli stakeholder.

In questo scenario, anche l’utenza non sembra del tutto pronta al cambiamento. Oltre l’80% dei cittadini predilige ancora i canali tradizionali per pagare alla PA multe e sanzioni, trasporti pubblici e ticket, iscrizioni scolastiche, mensa e tasse, anche se per il futuro oltre metà è disposto a pagare con alternative al contante. Il sentiment nei confronti degli Open Data è prevalentemente positivo (70%) e nettamente superiore a quello nei confronti della PA in generale (48%). Le imprese, invece, utilizzano lo Sportello Unico Attività produttive, ma in maggioranza preferiscono incaricare un professionista o altro intermediario, perché ritengono troppo complesso interagire in prima persona: solo il 15% utilizza direttamente lo sportello virtuale. E i fornitori della PA riconoscono i vantaggi di trasparenza e concorrenzialità delle piattaforme di eProcurement, utili per raggiungere un territorio più esteso, ma evidenziano criticità nell’accesso per gli adeguamenti burocratico/normativi e per i tempi lunghi di autenticazione e registrazione.

Per il primo anno dall’inizio delle attività dell’Osservatorio assistiamo a un trend marcatamente positivo verso una gestione più consapevole del processo di innovazione della PA – spiega Giuliano Noci, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio eGovernment -. Il principale punto debole rimangono ancora la mancanza di competenze e le resistenze del personale, troppo spesso abituato a privilegiare un atteggiamento passivo nei confronti di progetti di cambiamento, oltre alla scarsa formalizzazione dei processi di back office. Tuttavia, comincia a farsi strada la consapevolezza dell’importanza di lavorare in rete per mettere a sistema risorse e competenze, nelle strutture operative ma anche tra gli amministratori, e nei piccoli Comuni, la collaborazione diventa ovviamente una necessità. In questi processi di collaborazione, gli enti sovraordinati e le Regioni possono giocare un ruolo fondamentale. La nascita e il rafforzamento delle iniziative di gestione associata (o centralizzata) deve essere una priorità per contenere il divario tra chi oggi è in grado di innovare e chi invece autonomamente forse non lo sarà mai”.

Per quanto riguarda le imprese, la parola d’ordine è semplificazione – aggiunge Michele Benedetti, Direttore dell’Osservatorio eGovernment -. Il passaggio all’online potrebbe avvenire velocemente, ma i benefici devono essere tangibili. Mentre nell’eProcurement, la digitalizzazione rischia di produrre effetti contrari se non si considerano le caratteristiche del mercato, composto da tante micro e piccole imprese con risorse limitate. I cittadini, dal canto loro, si dicono propensi al cambiamento: iniziative come Facebook e AirBnB hanno dimostrato che gli italiani possono essere fra i primi a utilizzare la tecnologia, se funzionale ai propri bisogni. Anche per la PA è venuto il momento di ragionare con logiche di marketing per mettere al centro i bisogni dell’utente, nella prospettiva della valorizzazione degli ormai investimenti messi in campo sul fronte della digitalizzazione”.