Futuro lavorativo più stabile, mobilità sul mercato locale e competitività a livello internazionale.

In occasione dell’evento HR Tech World Congress da ADP, attiva nelle soluzioni per la gestione delle Risorse Umane (Human Capital Management), è stata presentata una nuova ricerca riguardo la volontà da parte dei dipendenti europei di cambiare la loro posizione lavorativa, alla luce delle ripresa dalla crisi economica.

Lo studio, condotto su un campione di 11.000 lavoratori adulti, mette in luce quel che i dipendenti di tutta Europa pensano circa il proprio futuro lavorativo, la competitività internazionale e la gestione dei talenti. Il 77% dei dipendenti europei si dichiara ora ottimista circa il proprio futuro lavorativo. Le principali ragioni di questo ottimismo sono da ricercarsi nella crescente sicurezza del posto di lavoro (38%), nelle crescenti opportunità di carriera (27%) e nella possibilità di ottenere formazione e sviluppo delle competenze in modo adeguato per avere successo (27%). L’incertezza tuttavia è più forte nei Paesi che hanno risentito maggiormente della crisi economica: i dipendenti italiani sono i meno ottimisti nonché quelli più frequentemente convinti del fatto che il futuro non sia prevedibile (61%).

 

La crescita economica accelera la guerra per conquistare i talenti

 

Grazie alle condizioni economiche attuali, i dipendenti guardano con vivo interesse alle nuove opportunità di lavoro che si aprono. Oltre un terzo (34%) degli interpellati in tutta Europa prevede infatti di cambiare lavoro entro tre anni, con un picco in Svizzera dove il 16% programma di farlo entro un anno. I britannici sono quelli meno disposti a un futuro a lungo termine con il proprio datore di lavoro attuale, con solo il 17% che prevede di proseguire il resto della carriera nell’azienda in cui si trova ora. Di contro, il 40% dei dipendenti tedeschi è convinto di conservare il ruolo attuale fino alla fine della propria carriera. Un mercato del lavoro in via di miglioramento significa tuttavia che le aziende devono pensare a come conservare il talento al proprio interno. Metà (51%) dei dipendenti, infatti, considera già preoccupante la mancanza di ingresso di nuovi talenti, mentre il 47% ritiene che questo gap sia causato da carenze nel recruiting.

 

La guerra per i talenti si estende oltre le frontiere

 

La perdita di talenti e competenze locali è ancora un problema per diversi Paesi. In Spagna (49%), Italia (47%) e Polonia (39%) si registra la maggior preoccupazione per la perdita di talenti a favore di altre nazioni. L’atteggiamento nei confronti dei talenti stranieri che arrivano sul mercato locale del lavoro è generalmente positiva, con il 79% dei dipendenti che afferma che i lavoratori in arrivo dall’estero non costituiscono una minaccia per le rispettive organizzazioni. I lavoratori svizzeri e britannici sono quelli più esitanti di fronte alla possibilità di ingresso degli stranieri nelle rispettive aziende, con il 36% e il 32% rispettivamente che considerano questa eventualità come un problema a fronte di una media europea del 21%.

Gli alti livelli di ottimismo e la crescente mobilità dei talenti riflette anche l’aumentata competitività delle aziende. Esattamente metà dei dipendenti europei afferma che la propria azienda è preparata a competere internazionalmente a livello sia di business che di acquisizione dei talenti. Il Regno Unito si trova davanti a tutti nella capacità di competere sul mercato internazionale: qui 6 dipendenti su 10 sono convinti che la propria azienda sia ben preparata a competere su business e talenti contro gli altri Paesi.