Il 58% prevede una crescita delle esportazioni high-tech. Per essere più vicini ai consumatori il 35% prevede l’avvicinamento di produzione e assemblaggio alla domanda. Il 56% vuole ottimizzare la localizzazione.

Secondo quanto emerso dal quinto studio annuale globale di UPS “Change in the (Supply) Chain” (CITC), in Europa le aziende high-tech prevedono una crescita robusta del loro settore e, in quest’ottica, stanno considerando una gamma più ampia di fattori nel predisporre i network delle supply chain produttive.

Commissionato da UPS e condotto da IDC Manufacturing Insights, lo studio (in allegato l’infografica) ha rivelato che sebbene le aziende high-tech continuino a prediligere la strategia di localizzazione cosiddetta “off-shoring” per ridurre il costo del lavoro, in Europa un elevato numero di aziende ha anche avviato iniziative di “right- shoring”. Il 38% degli intervistati europei ha affermato infatti che stanno aggiungendo nuovi siti produttivi in maggiore prossimità dei paesi di consumo. Questa strategia ottimizza la supply chain sfruttando le agevolazioni sui costi e beneficiando delle risorse locali in modo da garantire il migliore servizio al cliente e il migliore rendimento die margini complessivi.

Lo studio CITC di UPS ha anche evidenziato che le aziende high-tech si stanno espandendo sempre più nei mercati emergenti e stanno esplorando la stampa 3D per la progettazione di nuovi prodotti e la creazione dei prototipi.

Lo studio ha interpellato 516 dirigenti della supply chain di aziende del settore high-tech in Europa, America settentrionale, Asia-Pacifico e America Latina. I risultati mostrano una costante evoluzione delle supply chain che impatta sul luogo in cui le aziende posizionano le proprie strutture e sulla selezione dei fornitori.

Attualmente le aziende high-tech sono in grado di rispondere in maniera più adeguata alle difficili dinamiche di mercato in quanto stanno incrementando la flessibilità delle strategie di localizzazione e delle loro supply chain” sottolinea Scott Aubuchon, Vice President Marketing di UPS Europe. “In Europa le aziende adottano un approccio olistico nel valutare i costi di trasporto e il tempo necessario per consegnare i propri prodotti“.

Il “near-shoring”, che sposta la produzione o l’assemblaggio dei prodotti in luogo più prossimo a quello della domanda, sta diventando sempre più popolare perché consente alle aziende di migliorare il livello dei servizi, ridurre l’inventario in transito ed avere un maggiore controllo sulla qualità del prodotto e la proprietà intellettuale. “È in evidente sviluppo un trend di avvicinamento della produzione e dell’assemblaggio alla domanda” precisa Aubuchon. Il 35% delle figure decisionali del settore logistico delle aziende high-tech europee sta pianificando di ricorrere al near-shoring, un dato in crescita del 9% rispetto a quelli del 2013. Il 54% degli intervistati europei ha avvicinato la produzione alla domanda due o più anni fa, mentre il 34% ha avvicinato l’assemblaggio alla domanda quest’anno.

Oltre la metà (56%) degli intervistati delle aziende europee considera il “right-shoring” parte integrante della propria strategia, in quanto consente di trovare un punto di equilibrio tra una serie di diversi fattori per determinare la vicinanza dei materiali approvvigionati ai luoghi di produzione, stoccaggio e distribuzione. Questi fattori possono includere il costo, la qualità e il tempo di recupero in caso di guasto tecnico.”

Sebbene UPS assista ad una crescita sia del “near-shoring” che del “right- shoring”, la strategia ancora più diffusa rimane l’”off-shoring”, che implica la delocalizzazione della produzione o dell’assemblaggio in paesi in cui il costo del lavoro è ridotto e a cui dichiara di affidarsi attualmente il 59% degli intervistati europei.

Le esportazioni del settore sono in continua crescita. Emergono nuove opportunità.

Dall’indagine CITC emerge come le prospettive di crescita globale per le esportazioni nell’ambito del settore high-tech siano solide, anche in Europa. Il 39% degli intervistati europei ha dichiarato di prevedere per il prossimo biennio una crescita globale delle esportazioni nel settore high-tech ad un tasso pari ai livelli attuali, mentre il 19% prevede una crescita più rapida.

Le aziende operanti in questo settore sono riuscite a penetrare con successo molti mercati emergenti. Tra i partecipanti al sondaggio, il 66% degli intervistati europei dichiara di vendere già prodotti in Cina, il 41% in India e il 31% in Brasile. I tre principali mercati in cui le aziende high-tech europee stanno pianificando di fare il loro ingresso quest’anno sono Brasile, India e i paesi dell’Asia/Pacifico (escluse India e Cina).

Benché la penetrazione di nuovi mercati sia elevata, le barriere all’espansione sono in costante evoluzione. A livello globale, orientarsi nell’ambiente normativo rappresenta la barriera principale; tuttavia in Europa tale fattore si piazza al quinto posto dopo la difficoltà di stabilire le operazioni iniziali, le differenze culturali, l’adeguamento costante alle modifiche normative e la definizione dei mercati a cui accedere. In Europa le preoccupazioni maggiori a livello normativo sono la tracciabilità e visibilità globale o transfrontaliera, menzionate dal 44% degli intervistati, rispetto al 31% a livello mondiale.

Intervistati europei: la stampa 3D utile nella progettazione dei prodotti

L’indagine CITC sul settore high-tech indica inoltre che le aziende del settore appaiono sempre più orientate ai mercati emergenti e stanno considerando le potenzialità della stampa 3D per la progettazione e prototipizzazione di nuovi prodotti.

Il 66% degli intervistati afferma di avere esperienza diretta con la stampa 3D (incluso anche un 28% di coloro che dichiarano di avere appena iniziato ad approfondire la conoscenza di tale tecnologia).

Attualmente, le aziende high-tech utilizzano la stampa 3D soltanto in un’ottica di innovazione nella fase di progettazione di nuovi prodotti. Tra i maggiori benefici figura l’accelerazione dello sviluppo del prodotto e dei processi produttivi. In Europa il 70% degli intervistati utilizza la stampa 3D per progettare nuovi prodotti e il 63% per produrre pezzi di ricambio, un dato quest’ultimo che scende al 24% a livello globale.

Infografica