Cgil, Cisl e Uil pronte a dare battaglia. Il ministero: “perfettamente in linea con la privacy”

Modificando lo Statuto dei lavoratori, il Jobs act è uno dei decreti che sta facendo maggiormente discutere negli ultimi anni. Tra le parti più chiacchierate c’è sicuramente il fatto che il lavoratore può essere controllato a distanza: non è necessario alcun accordo sindacale o autorizzazione ministeriale per l’assegnazione ai dipendenti “degli strumenti utilizzati per rendere la prestazione lavorativa, pur se dagli stessi derivi anche la possibilità di un controllo a distanza del lavoratore” recita la norma.

È come essere al Grande Fratello” – ha esordito Susanna Camusso, leader della Cgil, che si dichiara molto preoccupata: “Siamo di fronte a un’idea della vita della persone sconvolgente che impedisce al lavoratore di essere libero”.  Molto forte anche la reazione della segretaria nazionale Serena Sorrentino della Cgil, pronta a dare battaglia in Parlamento. “È innanzitutto necessario verificare con il garante della privacy se questa pratica sia ammessa”. Della stessa è idea è anche la Cisl. Il segretario nazionale Annamaria Furlan è infatti decisa a rivolgersi alle commissioni parlamentari: “Questa norma deve essere cambiata ed è attraverso la contrattazione sui luoghi di lavoro, la contrattazione innanzitutto di prossimità che si devono gestire questi aspetti così delicati per la vita di un lavoratore e di una lavoratrice, ma anche per l’azienda“. Molto più dura la Ugl che definisce come mobbing la pratica di controllare i dipendenti che lavorano da casa.

Convinto del contrario è invece il ministero del Lavoro che assicura che le nuove regole sui controlli a distanza non prevedono alcuna liberalizzazione, sono “in linea con le indicazioni del Garante della Privacy” e “adeguano la normativa contenuta nello Statuto dei lavoratori alle innovazioni tecnologiche”. Inoltre, “la norma non liberalizza i controlli ma si limita a fare chiarezza circa il concetto di strumenti di controllo a distanza ed i limiti di utilizzabilità dei dati raccolti attraverso questi strumenti, in linea con le indicazioni che il garante della Privacy ha fornito negli ultimi anni e, in particolare, con le linee guida del 2007 sull’utilizzo della posta elettronica e di Internet“.