Non ci sono soltanto i Big Data: la scia di briciole digitali che ci lasciamo dietro, può diventare una risorsa inestimabile

Si fa un gran parlare di Big Data, l’analisi di enormi quantità di informazioni digitali. Ma ci sono grandi opportunità per sfruttare anche “small data”, ovvero quel continuo flusso di piccole informazioni personali generate dalla nostra vita online. «Ognuno di noi lascia dietro di sé una scia di briciole digitali prodotte dai servizi che usiamo», ha detto Deborah Estrin, professoressa di computer sciences alla Cornell Tech di New York, durante il suo intervento alla 24esima edizione della International World Wide Web Conference, che si tiene a Firenze. «Purtroppo però, non ci sono ancora abbastanza strumenti per sfruttare queste informazioni in modo che siano utili e rilevanti per il singolo utente».

È una cosa che è destinata a cambiare. Non foss’altro perché la prima e più interessante applicazione riguarda la salute. Lo Small Data Lab guidato dalla professoressa Estrin ha sviluppato alcune applicazioni che dimostrano la forza nascosta dei piccoli dati personali. «Pushcart è un esempio efficace», ha spiegato. «È una app che, sulla base degli scontrini elettronici dei negozi di genere alimentari, è in grado di formulare raccomandazioni sull’apporto nutritivo dei futuri acquisti». E c’è anche un’altra applicazione, battezzata Ora, che, sulla base dell’attività del proprio smartphone, inclusa la localizzazione, tiene aggiornati familiari o amici sulle proprie condizioni. «Serve a fare sapere come stai, non cosa fai», precisa Estrin. È evidente la potenziale utilità per gli utenti più anziani.

I problemi di privacy e sicurezza, ammette Estrin, ci sono. «Ma tutto è meno spaventoso se l’utente, invece di dare semplicemente il consenso, è consapevole dei rischi e dei vantaggi. Se gli small data che produciamo vengono riusati da noi stessi, è tutto più ragionevole: del resto, l’utilità di aggregare le tracce digitali che noi stessi produciamo è innegabile». Una volta che ci sarà «un’adeguata architettura tecnologica, ma anche sociale, per sfruttare i piccoli dati» – assicura la professoressa di Cornell Tech – le applicazioni possibili potranno andare anche ben oltre la cura della salute.