Una ricerca del CEPIS, rappresentato nel nostro Paese da AICA, evidenzia il divario di competenze, generi ed età che caratterizzano il settore Ict

Lavori del futuro

I professionisti ICT hanno il potenziale per dare un enorme contributo alla ripresa economica dell’Europa, ma ciò non potrà accadere a meno che non ci siano abbastanza persone con le capacità e le competenze adeguate – esordisce Giulio Occhini, direttore di AICA -. Garantire che ci sia un numero sufficiente di professionisti con le competenze adeguate deve diventare una priorità assoluta. In particolare, nel caso dell’Italia dove si registra il più basso tasso di lavoratori under 30 nel settore ICT, risulta fondamentale incoraggiare un maggior numero di giovani nella carriera professionale dell’Information Technology, oltre a promuovere un costante sviluppo professionale in linea con le competenze attuali e future necessarie per essere competitivi nel mercato del lavoro”.

Quello che emerge da queste parole è che a rallentare la ripresa economica e l’aumento della competitività un ruolo importante è svolto dalla mancanza di professionisti qualificati nel settore Ict. Fatto confermato anche dall’indagine europea CEPIS e-Competence Benchmark, che rivela l’urgente necessità di formazione e maggiore professionalità nel settore dell’Ict, evidenziando come solo il 23% dei rispondenti abbia competenze in linea con il tipo di professionalità dichiarato.

L’indagine è stata condotta su oltre 2.200 professionisti Ict di 31 Paesi della “grande Europa”. Ovviamente tra questi figura anche l’Italia, dove il report è stato condotto sulla base delle 460 risposte valide appartenenti a 14 dei 23 profili professionali e-CF (European e-Competence Framework).

Per quanto riguarda l’età media del professionista italiano si può affermare che secondo i dati emersi dall’indagine siamo in linea con il dato europeo (42 anni). Ad allarmare è però il fatto che la percentuale di lavoratori under 30 è di gran lunga inferiore a quella dell’Europa, con l’11,6% contro il 16% della media europea. Stesso grave dislivello emerge nel caso degli over 50 anni che si attestano solo al 17,3% contro il 22,7% europeo. Al contrario, i segmenti tra 30-40 e 40-50 rivelano una più alta percentuale rispetto alla media europea.

Come in altri paesi, per l’Italia vi è la necessità di attirare i giovani diplomati e laureati verso la professione Ict per assicurare un’adeguata fornitura di nuovi professionisti nel ramo dell’Information Technology.

Per quanto riguarda l’istruzione, in generale, l’Italia si allinea con l’Europa per quel che riguarda il grado di istruzione dei professional del settore Ict, rivelando un alto livello di istruzione formale. Il tasso di professionisti con laurea, master o dottorato è però inferiore alla media europea (il 79% contro l’86%), mentre solo il 26% dei professionisti italiani che hanno partecipato all’indagine ha ottenuto un master o dottorato, a fronte di una media europea del 40%.

In Italia, come anche in Europa, si evidenzia inoltre che circa un terzo dei professionisti arriva da un background formativo non focalizzato sull’Ict.

Anche nel nostro Paese, infine, i risultati dello studio confermano lo squilibrio di genere tipico del settore Ict. In particolare, l’Italia risulta essere in forte ritardo sul fronte del riequilibrio di genere rispetto alla già bassa media europea. Le donne, infatti, rappresentano solo l’11% dei professionisti Ict, mentre la media europea è del 15%, uno dei tassi più bassi di presenza femminile nel campione.