Per colmare il gap con l’Europa, il nostro Paese deve rompere con il passato e aprirsi ad una nuova visione digitale. L’ultimo treno per il futuro è già partito

Siamo nel pieno di una terza rivoluzione industriale e il motore della trasformazione si chiama Internet of Everything o più semplicemente IoT. Questo perché il vero valore di un mondo ultra-connesso non risiede nei 50 miliardi di oggetti che saranno online nel 2020 (l’Internet of Things) o nella loro comunicazione, ma bensì nelle correlazioni di dati, processi e soprattutto persone che da essi derivano.

L’IoE è ovunque e sta accelerando più veloce di quanto ci aspettassimo – ha dichiarato David Bevilacqua, Vice President South Europe Cisco in occasione dell’IoE Italian Forum svoltosi ieri a Milano – Questo è confermato dal fatto che tutto il mondo dell’Information Technology e della pubblica amministrazione sta dirottando alleanze, interessi ed investimenti proprio in questa direzione”.

Basti pensare, infatti, che a livello globale nel 2014 sono stati spediti oltre 23 miliardi di sensori (cifra raddoppiata rispetto all’anno precedente), 300 mila sviluppatori IoT – in aumento del 50% – hanno avviato progetti in questa direzione e le proiezioni degli investimenti dei venture capital nel 2014 hanno raggiunto gli 1,6 miliardi di dollari.

l'IoT accelera

Cifre significative che cresceranno esponenzialmente anche nei prossimi anni: “L’IoE ci metterà poco a diventare un fenomeno di massa. – ha confermato Bevilacqua – Se la telefonia mobile ha raggiunto la maturità soltanto dopo trent’anni, diverso sarà il caso per l’Internet of Everything: questo fenomeno si affermerà in meno di dieci anni, assumendo un carattere enterprise piuttosto che consumer driven . Al contrario di come si pensava inizialmente – spiega il manager –  l’Internet of Everything avrà un impatto molto più forte sulle aziende rispetto che sulle persone”. 

Per questo, al fine di catturare tutto il potenziale dell’IoE (stimato a 19.000 miliardi di dollari), è necessario avviare un processo concreto di digitalizzazione del sistema Paese, partendo proprio dalle imprese. Ad aiutare le realtà imprenditoriali in questo importante compito sono i Chief Digitisation Officer, figure professionali nate un paio di anni fa ed alquanto ricercate: oltre che evidenziare un background tecnologico, i CDO devono possedere conoscenze approfondite dei processi aziendali, ma anche avere una grande leadership, necessaria a guidare i più scettici al cambiamento; tutti requisiti fortemente richiesti dalle imprese europee, ma anche da parte di quelle italiane.

Grazie anche all’abilità dei CDO, le aziende devono avere la capacita di ri-immaginare completamente il proprio business, costruendo una visione digitale completamente diversa da come erano stati concepiti sino ad oggi l’azienda, i processi e le relazioni con i clienti. È pertanto fondamentale rompere con il passato ed uscire dalla logica per la quale si deve proteggere tutto quello che sino ad oggi ha portato al successo l’impresa.

Non si deve più guardale l’azienda da un punto di vista verticale ma intervenire in modo orizzontale: la strategia di business e la strategia digitale dovranno essere una cosa unica. Pertanto, nel prossimo futuro, tutte le aziende diventeranno imprese ICT specializzate in un determinato settore – ha aggiunto Bevilacqua – Ad ottenere i maggior benefici saranno le imprese manifatturiere, il retail e la pubblica amministrazione”.

settori e IoE

Per questo l’Italia, essendo il secondo Paese manifatturiero d’Europa, ha l’obbligo di cogliere le opportunità derivanti dall’IoE. In caso contrario, il pericolo è quello di non avviare il rilancio economico e non arginare mai più il gap con gli stati europei maggiormente digitali.

Si deve immediatamente saltare sul treno del futuro, o rischieremo di rimanere prigionieri del passato per sempre” ha concluso David Bevilacqua.