Le rivolte iniziate il 22 settembre nella regione di Hong Kong sono state accompagnate da massicce attività DDoS, presumibilmente legate alla repressione dell’autorità centrale cinese

Internet è un potente amplificatore della disobbedienza civile: gli ultimi anni (consideriamo la primavera araba, per esempio) hanno messo in luce come blog e social network siano stati strumenti necessari per far conoscere all’estero le ingiustizie subite da popoli sotto governi autoritari, sebbene gli attivisti siano spesso stati perseguitati e arrestati, quando non giustiziati. La più recente tra queste proteste è iniziata a Hong Kong il 22 settembre, quando un gran numero di studenti ha deciso di opporsi alle elezioni del capo del governo della Regione Amministrativa Speciale, indette dal governo centrale cinese. Quando il gruppo più ampio Occupy Central with Love and Peace si è unito agli studenti, il 28 settembre, gli scontri si sono inaspriti e la rete ha  provveduto a informare il resto del mondo su cosa stava realmente succedendo.

Esaminando i dati sulla visibilità degli attacchi DDoS in quella regione, Arbor ATLAS ha trovato una correlazione con i tumulti in corso. Si tratta di un legame empirico e non ci sono certezze, dato che le statistiche sul traffico internet che Atlas riceve da oltre 290 ISP di tutto il mondo sono anonime.

Il bersaglio Hong Kong
Il numero degli attacchi diretti contro proprietà online associabili a Hong Kong è più che raddoppiato: si è passati dai 1688 attacchi discreti di settembre a 3565 di ottobre, come evidenzia il grafico.

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Non è stata registrata una grande differenza in termini di dimensioni o durata delle intrusioni: si è solo moltiplicata la frequenza. La maggior parte degli attacchi ha interessato la fascia al di sotto di 1Gb/sec, l’84% a settembre e l’88% a ottobre.

Dalla piazza al web
Spiccano tre attacchi avvenuti il nei giorni 14 ottobre (45,4Gb/sec), 17 (38,3 Gb/sec) e 19 (45,6 Gb/sec): sembrano coincidere con i report, apparti su twitter e sul Wall Streer Journal, relativi ai tentativi dei supporter filogovernativi di impedire fisicamente all’editore pro-democrazia Apple Daily di distribuire i propri quotidiani. Apple Daily ha dovuto fronteggiare un cyberattacco che ha bloccato per ore il suo sistema di posta elettronica.

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I dati relativi alla prima settimana di questo mese confermano che gli attacchi DDoS stanno continuando, con picchi che hanno superato i 30Gb/sec tra il 3 e il 6 novembre.

Sebbene, come detto in precedenza, non sia matematica la correlazione tra proteste fisiche e virtuali, l’evidenza ci mette di fronte al fatto che usare il web come strumento di rivolta è una tendenza in crescita e destinata probabilmente ad aumentare. Se un attacco DDoS è l’unico modo (indiretto) di provare a far rispettare i propri legittimi diritti, non può essere sbagliato condannarlo.