La mancanza di adeguati investimenti in ICT ha ridotto la produttività del nostro Paese. Inoltre i soldi disponibili non vengono utilizzati nel modo giusto, anche perché manca una governance forte

Nonostante l’elevata attenzione mediatica e l’apparente “volontà politica”, per l’effettiva attuazione dell’Agenda Digitale in Italia, è stato fatto ancora troppo poco. Dal 2012 a oggi il Governo italiano ha adottato solo 18 dei 53 provvedimenti attuativi, tra regolamenti e regole tecniche, previsti per il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda Digitale, e su alcuni di questi si accumulano oltre 600 giorni di ritardo.

Intanto, l’Italia era e resta fanalino di coda in Europa sui maggiori indicatori relativi alla digitalizzazione, con un divario che sembra destinato a crescere. Secondo la Digital Agenda Scoreboard, lo strumento che misura lo stato di digitalizzazione dei diversi Paesi europei, il nostro Paese sconta oggi un pesante gap rispetto alla media UE, in particolare su sviluppo di e-commerce e utilizzo di Internet (-19% rispetto alla Svezia, prima in classifica), e-government (-17%) e disponibilità di servizi Internet (16%). Questo produce un pesante impatto sulla competitività della nostra economia: dal 1994 al 2012 la crisi di produttività è dovuta in buona parte alla riduzione degli investimenti in ICT sul totale rispetto agli altri Paesi. Nel periodo analizzato il PIL italiano per occupato ha perso 15 punti percentuali rispetto a Francia e Germania, 25 rispetto al Regno Unito e 30 rispetto agli Stati Uniti. Gli investimenti in ICT, sono passati da un valore sostanzialmente confrontabile alla quota sostenuta da Svizzera e Germania agli inizi degli anni ’90 (il 12% del totale degli investimenti lordi in impieghi fissi non residenziali), fino a uno dei peggiori posizionamenti relativi di tutta Europa (11,1% nel 2013). Inoltre l’Italia ha dimostrato una minore capacità di estrarre valore dalle tecnologie digitali, dovuta alla mancanza di investimenti complementari in organizzazione, processi, competenze e innovazione che hanno progressivamente creato un vero e proprio spread digitale con gli altri Paesi europei.

Lo spread digitale tra la nostra e le altre economie europee ha raggiunto ormai i 25 mld di euro l’anno – ha sottolineato Elio Catania, presidente di Confindustria Digitale – Si tratta di mancati investimenti in innovazione che ancorano l’economia italiana ad assetti e processi obsoleti. Non credo che oggi esista altra possibilità per tornare a crescere se non quella di riprendere a investire in ICT, puntando sulla trasformazione digitale del Paese. Azzerare lo spread in innovazione è un obiettivo che va assunto al rango di urgenza nelle strategie del Governo, delle istituzioni, delle imprese e trattato con gli stessi livelli di  attenzione e preoccupazione con cui si è affrontato lo spread dei titoli di Stato. È certamente un compito complesso che, né la parte pubblica, né quella privata, possono affrontare da sole. Occorre una mobilitazione complessiva che interagisca su diversi piani: quello della PA, delle PMI, delle risorse, delle regole. Occorre creare un ambiente normativo incentivante gli investimenti, con particolare attenzione allo sviluppo delle infrastrutture di TLC, alla digitalizzazione delle PMI e alla realizzazione di partenariati pubblico-privati per il co-finanziamento dei grandi progetti di messa in efficienza e razionalizzazione della PA e creazione dei nuovi servizi online”.

Investire meglio

Nei prossimi sette anni sono disponibili 1,7 miliardi di euro l’anno per finanziare l’Agenda Digitale, sommando i contributi dei fondi a gestione diretta e indiretta. Risorse importanti che vanno però abbinate ad altre risorse nazionali e private. Manca però un piano chiaro e organico delle azioni da realizzare e delle risorse a disposizione, una definizione precisa degli obiettivi, una piena chiarezza sugli interlocutori. Si evidenzia soprattutto il problema di una “governance” confusa e frammentata, in cui è difficile rendere coerenti e attuabili decisioni prese a diversi livelli.

L’Agenda Digitale è una grande opportunità per il Paese, l’ultimo grande treno per la competitività e la crescita, e oggi siamo in evidente ritardo, troppo lontani da un’attuazione soddisfacente – afferma Alessandro Perego, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Agenda Digitale -. È necessario rilanciare il percorso di Digitalizzazione dell’Italia e per questo serve una governance informata e partecipata. Le conoscenze, infatti, sono scarse e spesso non condivise, mentre la partecipazione attiva dei decisori, degli esperti e degli stakeholder è complicata dalla frammentazione delle responsabilità e dalla distribuzione di autorità. Proponiamo di creare un ‘Forum sull’Agenda Digitale’: un luogo inclusivo, duraturo, indipendente, apartitico, riconosciuto dalle istituzioni e dal mondo politico in cui sia possibile diffondere conoscenza e permettere la partecipazione dei diversi soggetti. Per costituirlo però servono una precisa volontà politica e una definizione esatta di obiettivi, durata, funzionamento, componenti e modalità di raccordo con altre iniziative, per garantire l’adeguato coinvolgimento di imprese e PA”.