8 su 10 falliscono. Escluso il rischio bolla, sopravviveranno solo le più forti

successo-o-fallimento

Ogni anno centinaia di startup vengono finanziate da investitori pubblici e privati con il sogno di replicare il successo di ottenuto da Facebook e Google. Ma queste realtà ce la fanno a raggiungere l’obbiettivo prestabilito? No.

Circa l’80-85% di esse infatti non arriva neppure ai primi 3 o 5 anni di vita. A rivelarlo è una ricerca condotta da  Italia Startup, secondo la quale attualmente in Italia esistono 1227 imprese innovative, 113 startup hi-tech finanziate, 97 incubatori e acceleratori (64 pubblici e 33 privati), 32 investitori istituzionali (6 pubblici e 26 privati), 40 parchi scientifici e tecnologici (37 pubblici e 3 privati), 65 spazi di coworking e 33 competizioni dedicate alle startup. Molte di queste realtà, però,  non sopravviveranno a lungo. Il fenomeno è talmente rilevante che è stato addirittura creato www.startupover.com, un sito specifico dedicato alle startup fallite o che potrebbero fallire a breve .

Ma allora, visti i dati e gli allarmi lanciati negli ultimi mesi, come quello dalla Fondazione Mindthebridge (tra le più attive nel promuovere attività a favore di progetti innovativi) che ha espresso grande preoccupazione per la situazione, il sistema startup è a rischio bolla?

Il fatto che un alto numero di start-up fallisca è assolutamente fisiologico e non è necessariamente un male”, spiega Giuseppe Folonari, responsabile degli investimenti in H-Farm, incubatore con 52 aziende finanziate e 7 successi imprenditoriali. “In un mercato piccolo e in crescita come quello italiano, il rischio di fallire è più grande perché ha un impatto sulla fiducia e porta a un errore di spesa sul conto economico – continua Folonari – Non credo però sia corretto parlare di bolla startup: è vero sono aumentate le richieste, ma è aumentata anche la qualità dei progetti e poi perché si crei una bolla una dovrebbe esserci una pioggia di soldi che al momento non c’è».

In realtà i soldi ci sono. Sempre secondo Italia Startup , solamente le aziende hi-tech avrebbero ricevuto 110 milioni nel 2013 e 112 lo scoro anno. A questi si devono aggiungere le donazioni derivanti da fondi di private equity come quelli messi a disposizione da Innogest (80 milioni), Principia (90 milioni) e 360° Capital Partners (100 milioni) e finanziatori privati.

Anche per Tommaso Marzotto Caotorta, segretario generale dell’Italian Business Angels Association, “il rischio bolla per gli investitori al momento non c’è.  Ciò che invece preoccupa è l’attività di selezione delle idee che meritano un finanziamento. La nostra associazione valuta ogni anno circa 350 proposte ma appena il 5% riesce ad ottenere il nostro supporto economico: servirebbe un sistema di scrematura già all’interno degli incubatori. Insomma, meno startup in giro ma di maggior qualità”.

Dello stesso pensiero è Michele Padovani, amministratore dell’incubatore privato Istarter, che non ritiene che i capitali possano essere un problema. I soldi ci sono ma dovrebbero supportare i progetti veramente meritevoli. Ultimamente il fenomeno startup è diventato un concetto troppo  modaiolo: tutti vogliono aprirne una. “Credo che nel prossimo futuro prevarrà la vecchia legge della natura per la quale solo i soggetti più forti sopravviveranno».